«Roma, ebbrezza e incanto di creatività». In dialogo con l’artista Claudia Mandi

«L’incontro con l’arte italiana mi ha formato come artista visuale. Non sarei potuta arrivare alla zona dalla quale alimento i miei fantasmi, sogni, idee, senza questa favolosa esperienza». Esordisce così, in questa intervista Claudia Mandi, artista plastico, già curatore presso il Museo d'Arte di Timişoara e attualmente presso il Museo d’Arte di Craiova, nonché coordinatrice della sezione Orizzonti d’arte della nostra rivista. Negli ultimi otto anni Claudia Mandi ha esposto più in Italia che in Romania, con mostre personali in prestigiose gallerie a Roma (Via dei Coronari, Teatro Dei Dioscuri del Quirinale, Accademia di Romania), Napoli e in Sardegna. Laureata in Pittura e in Storia dell’Arte presso la Facoltà d’Arte e Design dell’Università di Timișoara, quindi master in pittura, nel periodo 2012-2014 ha soggiornato grazie alla borsa «Vasile Pârvan» all’Accademia di Romania di Roma, potendo approfondire i suoi interessi per il barocco italiano. Di questa sua esperienza umana e professionale racconta nel dialogo che segue.    


Claudia, che cosa rappresenta per te l’arte italiana?

L’incontro con l’arte italiana mi ha formato come artista visuale. Non sarei potuta arrivare alla zona dalla quale alimento i miei fantasmi, sogni, idee, senza questa favolosa esperienza. Sono tornata alla figura umana, mi sono innamorata del mondo dei corpi in movimento, ho scoperto la forma umana che ha un potenziale artistico inesauribile – l’eterno tema della storia dell’arte. Per me l’incontro con l’arte italiana equivale a una rivelazione.

Quali ricordi dei due anni di soggiorno a Roma?

Per me Roma rappresenta tutto ciò che non può essere smantellato, demolito, distrutto. Prima dei viaggi in Italia, per me sopranaturale era solo la natura. Ho trovato a Roma l’espressine totale dei miei mondi interiori, il barocco corrisponde perfettamente alla mio indole estetica. Roma ha soddisfatto il mio bisogno di architettura, pittura, scultura e natura, di impossibile e favoloso. A Roma ho sempre abitato sentimentalmente e la borsa mi ha dato la possibilità di abitarci effettivamente.
Ho vissuto a Roma il sentimento di trovarmi in più paradisi insieme e questa ebbrezza di possibilità immaginative e artistiche mi ha pervasa. Attraverso l’arte, Roma ha dominato i miei istinti, fame, sete, stanchezza: ero come ammaliata, sempre nei musei e in giro per le strade della città. A  Roma l’arte si confonde con la vita di ogni giorno, mi sembrava favoloso uscire direttamente in Villa Borghese dalla casa dove abitavo e vedere il Tempio di Esculapio dalla finestra, oppure avere di fronte la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Villa Giulia, Museo dell’Arte Etrusca. Ho sperimentato la Sindrome di Stendhal a Roma: questa città mi ha scossa più di tutte le realtà della vita. Ho respirato la nostalgia che scende come un flusso vitale tra la Roma antica e quella barocca. Ho trovato lo spirito dell’antichità sulle vie della Roma barocca e ho dipinto influenzata dall’antichità e dal barocco.
A Roma ho imparato che la bellezza è violenta, anche spaventosa. Architettura, luce, drammaturgia vegetale di questa splendida città, tutto mi ha conquistato. A Roma ero come posseduta dallo spirito della scoperta, dell’avventura che non ho mai avuto nella mia vita. Qualcosa mi faceva andare ogni giorno ad esplorare, a cercare incessantemente, palazzi, musei, giardini. A volte mi chiedevo come avrei potuto sopportare la vita al di fuori di questa città, senza questi miraggi visivi.

Come ha influenzato Roma, e l'Italia in generale, il tuo modo di dipingere?

La borsa di studio ha portato un cambiamento radicale rispetto a quello che avevo dipinto in precedenza, anche se negli ultimi anni avevo fatto molti altri viaggi in Italia. Ho iniziato a Roma la serie di lavori «Corpus Hermeticum», Corpo di gloria, la gloria di Dio racchiusa nel corpo umano – affascinante corpo, in cui voglio esprimere il desiderio per l'unità e la restaurazione dell’ordine della creazione originale, il cui portatore è il corpo.
Sullo sfondo dei miei lavori vi sono frammenti di architettura, angeli, aree paesaggistiche sommerse nello sfondo nero o rosso pompeiano, dove i personaggi hanno eccezionali dettagli anatomici. Il tratto nervoso, moderno, che delinea la forma, tradisce, dietro a questi dipinti apparentemente spontanei, liberi, un disegno rigoroso, addirittura tormentato, centinaia di studi di movimento di tutti questi corpi contorti. Questi movimenti dinamici li ho disegnati a Roma nei musei, avendo come modello gli affreschi e le sculture antiche, dove il sistema muscolare è così visibile. Ho studiato questi personaggi in maniera quasi chirurgica, e il mio desiderio è quello di raggiungere forme di massima espressività, di modo che ogni personaggio, anche estrapolato dal contesto di un dipinto, possa costituire egli stesso una composizione autonoma.
Le opere della serie «Il Volo», in cui i personaggi volano su uno sfondo celeste in cerchi concentrici verso il centro del lavoro, sono influenzate dagli affrescati illusionistici del barocco. La dinamica dei movimenti dei personaggi in questo ciclo di opere è influenzata anche dall'idea di volo e nuoto. È un paradosso, volano e galleggiano allo stesso tempo. I miei personaggi sono incantati dal proprio movimento ondulatorio, dall'idea di volare. Solo nel barocco la forma umana guadagna una libertà e una varietà di posizioni e movimenti senza precedenti. Il dipinto dà una sensazione di vertigine, è caleidoscopico, e la parte centrale, dove vengono assorbiti i personaggi, rappresenta la luce divina, ma anche la cupola.
Nel ciclo «Il Volo» ho dipinto «Il Tuffatore» moltiplicato, senza conoscere questo affresco, senza averlo mai visto. Sono andata a Paestum a vederlo dopo averlo scoperto per caso in un album, e di fronte all'affresco, quando un bambino ha chiesto alla guida se «Il Tuffatore» si stesse suicidando, la guida gli ha detto che non si stava suicidando perché era già morto, mentre il corpo del nuotatore che si tuffa nell’acqua rappresenta l'anima dell’uomo tra i due mondi. E così ho dovuto capire che in realtà io non dipingo oggetti, ma spiriti, non il corpo materiale che ho sezionato con tanta ostinazione.
Gli affreschi di Villa di Livia, Palazzo Massimo a Roma, mi hanno influenzata per una serie di opere in cui, accanto a personaggi e architettura antica, dipingo giardini pensili – la serie «Il Giardino Armonico», «L'erba - L'odore erba». Ho fatto molte bozze di vegetazione mediterranea, ho studiato il paesaggio mediterraneo in Campania – Sorrento, Positano, Amalfi, Ravello, Capri, bozze che hanno portato ad una serie di lavori dedicati ai giardini pensili. Ho dipinto limoni e aranci, tanto amati da Goethe. I limoni e gli aranci sono allo stesso tempo frutti, fiori e boccioli, tre generazioni in un solo albero. A Roma mi sono trovata malata d’amore per i giardini e ho iniziato a dipingere anche paesaggi. Ho ancora nelle narici il profumo di agrumi, «divina essenza fragrante».
Questo stage mi ha permesso di trovare le tre direzioni in cui continuerò sempre a lavorare. Non avrei mai potuto trovare queste tre direzioni se non a Roma. La serie «Corpus Hermeticum» ha generato la serie «Il Volo», poi i personaggi del «Volo» sono stati integrati nei paesaggi della serie «Giardini - L'estetica paradisiaca del giardino», che a sua volta ha generato la serie «Rosso cinabro - Rosso pompeiano». E così che dai personaggi sono arrivata ​​al paesaggio, dal verde del paesaggio al rosso pompeiano e alla poetica del muro. Ho scritto un articolo sulla poetica del muro barocco, sul gelsomino. La fioritura dei muri ricoperti di gelsomino è una festa a Roma. Le fioriture non sono simultanee, interi muri sono in fiore, mentre gli altri accanto cominciano appena a sbocciare. Mi sarebbe piaciuto avere il tempo di studiare la fioritura del gelsomino a Roma, non solo il barocco.
Ho scritto un articolo sulla poetica del muro, perché ho trovato a Roma muri ricoperti di vegetazione, anche di varie specie di edera. Predomina l’edera verde smeraldo scuro, cupa, grave. In Italia l’edera è come una forza della natura, domina tutte le forme di vegetazione, alberi, piante, muri, palazzi, statue. D’inverno l’edera riveste le strutture degli alberi senza foglie come una pelliccia verde. In Italia l’edera ha preso d'assalto la natura.

Quali mostre ed eventi culturali hai realizzato durante gli anni romani?

Ho fatto una performance in Piazza Farnese a Electronic Art Caffè, il centro artistico della città, un bar-galleria fondato da Achille Bonito Oliva e Umberto Scrocca. E ho avuto anche una mostra in questo caffè-galleria frequentato dal mondo artistico romano, una sorta di Montmartre italiana. Ho mediato il recital della ballerina Soima Lupu, prima ballerina al Teatro Massimo di Palermo, presso l'Accademia di Romania, e la presenza dell’artista Renato Frosali, un artista che ha rappresentato l'Italia alla Biennale di Venezia nel 2012. Ho organizzato la mostra «In Simbiosi» all’Accademia di Romania, alla quale hanno partecipato importanti nomi dell'arte contemporanea italiana: Achille Pace, Emilio Farina, Susanne Kessler. Ho presentato al pubblico italiano, in un simposio in occasione della mostra «Frida Kahlo» a Roma, organizzato dalla Scuderia del Quirinale, l’artista di origine romena Virginia Tomescu Scrocco, che ha vissuto e lavorato in Italia. E ho avuto numerose partecipazioni a mostre collettive, nonché una mostra personale presso l'Accademia di Romania.

E ora quali prospettive, quali domande?

Mi chiedo sempre, che cosa sia la creatività. È l'inquietudine quando vedi qualcosa che non esiste ancora e devi capire come esprimere nella realtà ciò che vedi solo tu. E la mano non è sempre corrispondente alla mente, non rispondere alla stessa tensione. «Creatività» è quando mi incammino su una strada e poi ne faccio un’altra, quando mi vengono nuove idee strada facendo e cambio la direzione e non so più dove sto andando. E rimango sospesa tra due mondi. La creatività arriva quando qualcosa di più forte di me mi porta su altre strade, diverse da quelle che ho intravvisto in partenza. E non so dove sto andando. E mi lascio portare da un'onda enorme, più forte di me. E ogni volta che mi lascio portare da questa ondata, so di non sbagliarmi.

 


   

   

   

   



Intervista realizzata da Afrodita Carmen Cionchin
(n. 3, marzo 2015, anno V)