«Riviviscenze di lacerti». A Timisoara, la pittura di Marco Paladini

Il 14 novembre 2013 sarà inaugurata la mostra «Riviviscenze di lacerti» di Marco Paladini, pittore originario di Genova che da alcuni anni ha scelto di vivere ed esprimere la sua arte a Timisoara. Vi invitiamo a conoscerlo attraverso le sue parole e i suoi quadri.
La mostra, organizzata dal Consolato Generale d’Italia a Timisoara, sarà ospitata nell’Aula della Biblioteca Centrale Universitaria «Eugen Todoran» dell'Università dell’Ovest e rimarrà aperta fino al 15 dicembre 2013.



La sua vita e attività sono da qualche tempo legate a Timisoara. Che cosa le ha fatto scegliere questa città?

Per il mio lavoro, la contemplazione della bellezza e la sua relativa fruizione sono sempre stati motore energetico della mia creatività. Da questo punto di vista credo di essere femmina che riceve la propria ingravidazione attraverso gli occhi. Nella mia vita la produzione artistica più eloquente si è verificata sempre quando al mio fianco avevo la garanzia di una donna che assolvesse al ruolo di «Musa ispiratrice». Il giorno in cui mi resi conto che in Italia questa realtà mi si sarebbe viepiù pregiudicata per ragioni socio-economiche ed etniche, incominciai a seguire un amico che da tempo frequentava la Romania.

Quali sono le principali differenze di mentalità che ha riscontrato rispetto al suo ambiente di provenienza?

A questa domanda non basterebbe un trattato intero per assolvere a tutti gli interrogativi a cui si è sottoposti venendo a vivere qui. A questo proposito ho cercato risposte in saggi scritti da autori come Neagu Djuvara o Lucian Boia e a quanto sia stata riscontrata ancora attuale la produzione teatrale di I.L. Caragiale. Credo comunque che la latinità del popolo romeno sia più il frutto di una mitologizzazione alimentata da una volontà pretestuosa che ha poco riscontro con la realtà delle cose. Di certo questa condizione dialettica può aiutare gli italiani che vivono in Romania a cogliere l'occasione per capire meglio se stessi nel parallelo fra uguaglianze e diversità con il popolo romeno.

Questa esperienza ha influenzato in qualche modo la sua arte e i suoi simboli, come quello predominante della croce?

La raffigurazione della croce da parte mia è stata il risultato di una sintesi formale, approdo finale di un percorso in nuce. In Italia da alcuni miei estimatori, questo elemento non è stato apprezzato, perché troppo impregnato di significato religioso ed evocativo di una simbologia vista come funerea, anche se le mie sono croci laiche che sono però state suggerite dalla visione di opere di artisti romeni dove la dimensione mistica e liturgica sono esplicitamente dichiarate.

Quali sono gli incontri artistici e le collaborazioni più importanti che ha avuto qui?

Tramite un amico antiquario sono entrato in contatto con la galleria 28 di Ovidiu e Marie-Jeanne Badescu, dove per la prima volta ho realizzato quanto la dimensione spirituale nell'arte avesse qui in Romania un grande rilievo. Da loro ho conosciuto artisti come Silviu Oravitzan, Constantin Flondor e giovani come Sorin Scurtulescu e tanti altri e, pochi anni fa, ho fatto una mostra con Sorin Nicodim alla galleria Pigmalion.

Quali sono, secondo lei, i punti forti di Timisoara, sul piano artistico, per la candidatura al titolo di capitale europea della cultura nel 2021?

Forse per parlare di punti forti è necessario pensare alla collocazione geografica di questa città in un tempo in cui i baricentri del peso culturale globale si spostano sempre più dalle loro sedi d'origine: potrebbe essere un modo per sviluppare quella vocazione a porta orientale di quegli scambi economici e culturali che hanno radici storiche ben note.

Quali sono invece, secondo lei, gli aspetti che vanno cambiati o consolidati?

Ciò che va cambiato forse è quell'atteggiamento prono ai dettami consumistici dell'Occidente, ormai non più sostenibili perché hanno già creato danni da cui lo stesso Occidente sta correndo al riparo. Ciò che secondo me va consolidata è quella dimensione arcaica che è il segreto del fascino più profondo di questa realtà antropologica e naturalistica.

Intorno al quale tema volge la sua nuova mostra di Timisoara?

Con il titolo di Riviviscenze di lacerti si è voluto stigmatizzare un percorso mio esistenziale, il cui travagliato iter professionale ed umano si è trovato a riformulare, con i frammenti dei miei stessi stilemi esecutivi degli anni passati, nuove composizioni assemblate in Collages.

   


 



Intervista realizzata da Afrodita Carmen Cionchin
(n. 11, novembre 2013, anno III)