La Romania al cinema. Viaggio nella recente produzione italiana

Con la fine della dittatura i romeni videro improvvisamente nelle frontiere spalancate la possibilità di raggiungere quel mondo occidentale che avevano sognato disperatamente. E l’Italia, per motivi facilmente intuibili, divenne la meta preferita. Una nuova Shangri-La a portata di mano.

Pur non essendo gli unici emigranti, ben presto, (la Romania è il paese più popoloso dei Balcani) i romeni, con il seguito dei moldavi della Bessarabia, divennero, grazie al loro numero, il simbolo stesso del clandestino, dell’illegale, del delinquente spietato, dello sfruttatore della prostituzione, naturalmente praticata dalle romene.

Inevitabile che il cinema si sia occupato dell’immigrazione (Sotto il sole nero del 2004 di Enrico Verra e L’orchestra di Piazza Vittorio del 2006 di Agostino Ferrente) e in particolare di quella romena. Bisogna riconoscere che l’immagine che ne esce è molto positiva, senza essere buonista. Al contrario dell’opinione pubblica più diffusa, pilotata da campagne mediatiche e politiche che intervengono senza ponderare pensieri e parole, il cinema ha trattato il fenomeno con delicatezza e comprensione.

Il primo film è Coverboy – L’ultima rivoluzione del 2006, ma progettato già nel 2002, e fugacemente apparso nelle sale nel 2008, di Carmine Amoroso [Lanciano, 1963, sceneggiatore e regista. Film: Come mi vuoi (1996); Coverboy è il suo secondo film] interpretato da Eduard Gabia, Luca Lionello e con la partecipazione di Luciana Littizzetto e Chiara Caselli. Narra la vicenda di Ioan (Gabia) che, bambino, assiste all’uccisione del padre durante la rivoluzione del 1989. Alcuni anni dopo, ormai adulto e senza speranze, convinto da un amico, decide di emigrare in Italia, illudendosi di trovare una vita migliore. La vita da clandestino è durissima, ma riesce a trovare un minimo di solidarietà in un italiano, Michele (Lionello), forse più disperato di lui. Tra i due nasce un’intensa amicizia, unico valore positivo di un’esistenza sempre ai limiti più bassi e sfortunati. Un giorno Ioan viene notato da una fotografa di moda (Caselli), che lo lancia come modello. La fortuna finalmente cambia, ma tutto si rompe nel momento in cui Ioan si rende conto che la fotografa lo sta usando cinicamente per i propri interessi. In ogni caso con i soldi racimolati vuole raggiungere Michele per portarlo con sé in Romania e aprire quel ristorante che sognavano durante le conversazioni serali. Michele però muore e Ioan apre sul delta del Danubio il ristorante nel nome dell’amico. Il film, passato con successo in oltre 40 festival internazionali e vincendo molti premi (Rotterdam, Barcellona, Brooklyn, Mosca, Amburgo …) ha avuto giudizi positivi da quasi tutta la stampa, a parte «Il Giornale» che lo stronca perché «comunista e buonista» e per la presenza della voce di Berlusconi in sottofondo, proveniente dalla radio, che sta negando decisamente l’esistenza della crisi in atto.

Sempre nel 2008 sono apparsi altri tre film con i romeni protagonisti.

Il resto della notte (2008) è di Francesco Munzi [Roma, 1969, documentarista e regista. Film: Saimir (2004); Il resto della notte  è il suo secondo film], con Sandra Ceccarelli e Laura Vasiliu. Anche se non molto tenero con i romeni, è un film che presenta fatti purtroppo abbastanza consueti, le rapine in villa, in maniera piuttosto realistica, senza moralismi leghisti, senza fare sconti a nessuno e soprattutto senza esprimere giudizi. La paura e la diffidenza della borghesia del Nord Italia guasta i possibili corretti rapporti con gli immigrati. L’attrice romena Laura Vasiliu, che interpreta la colf, è stata in precedenza la protagonista dello sconvolgente 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni di Cristian Mungiu.

Mar Nero (2008) è di Federico Bondi [Firenze, 1975, documentarista e regista. Mar nero è il suo primo film] con Ilaria Occhini, Dorotheea Petre, Maia Morgenstern, Vlad Ivanov e Corso Salani.  Una storia di solidarietà e speranza tra una vecchia aristocratica signora fiorentina e la sua giovane badante romena di Sulina, che ha già una lunga vita da raccontare. Un rapporto segnato inizialmente dalla diffidenza e poi aperto alla più umana comprensione. Il Mar Nero, che si intravede appena, è il simbolo della lontana Romania. Dorotheea Petre è la protagonista di Ryna e di Cum mi-am petrecut sfârşitul lumii. Ilaria Occhini ha vinto il Pardo d’oro a Locarno per l’interpretazione di questo film.

Pa-ra-da! (2008) è di Marco Pontecorvo [Roma, 1966, direttore della fotografia e regista. Pa-ra-da!  è il suo primo film] con Jalil Lespert. I ragazzi protagonisti interpretano se stessi.  È la storia del mimo francese Miloud e del suo incontro con i ragazzi delle fogne di Bucarest; l’inferno in terra, invisibile ai distratti e agli egoisti benpensanti, è, assurdamente, rifugio caldo per randagi senzatetto. Miloud capisce che solamente entrando anche fisicamente nel loro mondo potrà indicare la strada del riscatto a questi disperati. E alla fine tutti saranno vittoriosi.

È stato presentato nel marzo del 2010 il film-documentario Magdalena (Magdalena, ricorda chi sei) (2009) del cileno-spagnolo Alejandro de la Fuente, un regista che lavora soprattutto per la televisione. In una Torino multietnica, Magdalena Lupu narra le vicende dei suoi connazionali attraverso le pagine di «Obiectiv», il giornale degli immigrati romeni. Presso il Gruppo Abele, da sempre crocevia di migranti, vede il film Trevico-Torino - Viaggio nel Fiat-Nam (1975) di Ettore Scola, nel corso di una serata organizzata da Diego Novelli, coautore della storia. L'amaro ritratto dei meridionali, reclutati dalla Fiat per lavorare alla catena di montaggio, scuote la sua coscienza. Per la giovane giornalista è venuto il momento di tornare a usare uno strumento che ben conosce, più forte della scrittura, per descrivere i drammi dei più sfortunati che dalla Romania sono giunti in Italia a morire di lavoro. Aiutata dall'ex sindaco, che vede in lei un talento da valorizzare, ottiene una telecamera per raccogliere testimonianze e portare alla luce l'assurda morte di Dani, annegato nelle fogne della città nell'estate 2006. Tenacemente va a fondo nella sua inchiesta, ma la ricerca della verità non è l'unico motivo che la spinge ad andare oltre: nel suo cuore si nasconde un segreto non confessato che presto verrà a galla. Il desiderio di conoscere la porterà da Ettore Scola che, col potere delle immagini, le ha indicato la via per andare alla  ricerca di se stessa.

La soluzione migliore (E mai bine aşa) (2010) di Luca Mazzieri [Parma, 1959, sceneggiatore e regista. Film: Cielo e terra (2005), La soluzione migliore (E mai bine aşa) è il suo terzo film], con Enrico Lo Verso e Dorotheea Petre. Coproduzione italo-romena. È già una storia che supera le vicende raccontate nei film precedenti. È la storia di uno psichiatra italo-romeno (Lo Verso) che alla morte della moglie pensa che il ritorno nel vecchio ospedale psichiatrico giudiziario di Timişoara possa aiutarlo a ritrovare se stesso.

Nel mese di maggio del 2010 è uscito nelle sale il film-documentario Fratelli d’Italia di Claudio Giovannesi [Roma, 1978, regista e documentarista. Primo lungometraggio La casa sulle nuvole (2009); tra i documentari Welcome Bucarest (2007)], che racconta le storie vere, interpretate dai protagonisti, di tre studenti (un romeno, una bielorussa e un egiziano) che frequentano un istituto superiore di Ostia. Vengono affrontati in particolare i problemi dell’integrazione e del retaggio culturale dei giovani che vivono in mezzo a due culture.

A dimostrazione che ormai i romeni sono parte integrante della vita italiana, li ritroviamo anche nel film La nostra vita di Daniele Lucchetti, presentato a Cannes (maggio 2010), il protagonista Claudio, un capomastro, interpretato da Elio Germano, si incontra e si scontra con i suoi muratori naturalmente romeni.


La Romania non è mai stata oggetto di interesse particolare da parte della cinematografia mondiale, a parte i film sui vampiri, dove però si parla della Transilvania come una terra misteriosa e lontanissima dalla realtà.  Lo storico del cinema Marian Ţuţui scrive:
«Nel romanzo Dracula (1897) di Bram Stocker, Dracula non è un principe, ma un conte, non è un romeno, ma un siculo (di Transilvania, in romeno secui e in ungherese szekely), inoltre la Transilvania, alla fine del 19° secolo, è uno stato autonomo! Anche se Stocker cita alcuni toponimi e cibi romeni (Bistriţa, Pasul Bârgǎului, mǎmǎligǎ, vinete împănate etc.) è evidente che anche per lui la Transilvania è prima di tutto una finzione esotica utile per liberare la fantasia, conservando comunque una certa verosimiglianza». (Ţuţui 2008, p.30)

Sempre Ţuţui cita un film-TV di soggetto romeno, The Windmills of Gods (1988) tratto dal romanzo omonimo di Sidney Sheldon. È un triller ad alta tensione ambientato nella Bucarest pre-rivoluzionaria, con lotte spietate tra agenti segreti americani e romeni, con la figura del dittatore Ceauşescu (qui chiamato Ionescu) interpretato da Franco Nero. Film mediocre a causa degli errori e delle incongruenze e molto indisponente per i romeni o per chi ha qualche conoscenza di Bucarest o della Romania. (Ţuţui 2008, p.44-45)

Durante il periodo comunista una sola coproduzione internazionale europea affidò nel 1967 al regista francese Henri Verneuil la trasposizione filmica dell’opera di Virgil Gheorghiu  (Războieni-Neamţ 1916 – Parigi 1992), La venticinquesima ora, pubblicato a Parigi nel 1949.
Lo scrittore, molto controverso per le sue vicende politiche e letterarie, era esule a Parigi e il suo romanzo, antinazista, ma soprattutto antisovietico, era naturalmente vietato in Romania. Pur con un cast di primordine (Anthony Quinn, Virna Lisi, Serge Reggiani e Michael Redgrave) il film ebbe poca diffusione in Italia. Secondo l’opinione di Ţuţui è in ogni caso la miglior opera straniera sulla Romania. (Ţuţui 2008, p.73).

Achille Tramarin
(n. 2, febbraio 2012, anno II)



Bibliografia:
Marian Ţuţui, Orient Express: filmul românesc şi filmul balcanic, Noi Media Print, Bucureşti, 2008.