«Il cavallo del diavolo». Nel centenario di Ion Luca Caragiale

Nel 2012 ricorre il centenario della morte di Ion Luca Caragiale, creatore del teatro romeno moderno. La sua genialità di commediografo si rivelò con Una notte tempestosa (1879) e Una lettera smarrita (1884). La sua sorprendente capacità d'invenzione verbale anticipa, nell'arte di ridurre il dramma a puro automatismo verbale, la tecnica di Ionesco. Caragiale trascorse gli ultimi anni a Berlino, dedicandosi al giornalismo e alla prosa, specie d'ispirazione fantastica, come dimostra Il cavallo del Diavolo che qui pubblichiamo (tradotta da Giuseppe Petronio), e che riprende il motivo di Belfagor di Machiavelli.


C’era una volta, sull’orlo d’una strada frequentata, una fontana, e vicino alla fontana sedeva per terra una vecchietta, raggomitolata su una coperta tutta cenciosa, e ruminava fra le gengive un tozzo di tarallo bagnato in una scodella d'acqua fredda. Quando vedeva passar qualcuno, a piedi, a cavallo o sopra un carro, la vecchia si toglieva il tarallo di bocca, stendeva la destra ed elemosinava piagnucolando fra le labbra: «Fate la carità a una povera vecchia senza forze». Se le davano qualche cosa, diceva la vecchia: «Dio te ne renda merito. Al Signore l’hai dato. II Signore ti dia grazia, salute, provvidenza». Raramente capitava che passasse qualche anima buona vicino a una vecchia così mal ridotta, non le facesse un poco di carità, così come poteva; se non qualche centesimo, almeno un tozzo di pane, se non un tozzo di pane, almeno una buona parola. Se qualcuno le diceva: «Compatisci, nonnina, un’altra volta», lei rispondeva: «Non fa niente, signorina, non fa niente. Ci compatisca tutti il Signore». Poi bagnava di nuovo il suo tarallo nella scodella e si rimetteva un’altra volta a ruminare.
Un giorno – c’era mercato a valle – comincio di prima mattina a scendere dalla collina gente su gente. All’andata, ci fu qualcuno che disse alla vecchietta: «Compatisci, nonnina, un’altra volta», ma alla sera, al ritorno, ognuno le diede quello che il cuore gli diceva... Così come capita sempre alla fiera: si tira più che si può, si compra, si vende; ma poi, e dàlli con la pizza,e dàlli col vino, e dàlli con le chiacchiere, si diventa allegri e allora si pensa anche alle anime dei poveri morti e si fa la carità come si può. E così quel giorno la vecchia rimase abbastanza contenta e con la cesta piena.
A poco a poco, a mano a mano che scendeva la sera, si fecero più radi i viandanti, sempre più radi, finché dopo il tramonto non passò più nessuno e ad oriente si venne affacciando la luna. Quando fu notte del tutto, la vecchia frugò nella cesta e ne trasse un pezzetto di torta, che aveva avuto da una ragazza d'una frotta ch'erano passate cantando e ridendo e facendo pazzie su pazzie, come fanno sempre le ragazze quando tornano accese dal ballo, ché alla fiera c'era stata una hora [1] coi fiocchi. Si inzuppò la sua torta, l'assaggio e disse: «Dio sia lodato! È stata una buona giornata oggi!... Che Dio la mantenga sana quella ragazza, e la faccia arrivare a una bella età come me!».
Poi si ravvolse nella sua coperta, si mise la cesta sotto il capo per cuscino e si raggomitolo per benino sul fianco sinistro, con le spalle alla luna, per non avere la luce negli occhi... Proprio il tempo che civuole per dormire... Né troppo caldo, né troppo fresco; di vento, nemmeno un soffio; per i campi, una pace all'intorno, che si sentivano brulicare e frinire mille piccoli insetti, misc misc, pisc pisc, e si sentiva gorgogliare l'acqua fuori dell’orlo della fontana tra il pietrisco, ché l'acqua è come la vita dell'uomo, solo che la vita scorre finché scorre e poi si ferma, e’acqua scorre invece senza fine, da quando mondo è mondo, e non si fermerà mai, finché sarà mondo....

La vecchia aveva chiuso gli  occhi, e con la mente chi sa dove, sospirava di quando in quando... ma il sonno non veniva; e allora pensava, sospirava, si moveva a aggiustarsi meglio quelle povere ossa, ma che! non riusciva nemmeno a sonnecchiare. La luna s'era alzata già da un bel pezzo, quando parve alla vecchia di sentire dei passi già dalla collina, dalla parte d'occidente. Tende l'orecchio e sente che davvero si avvicina un viandante; aguzza gli occhi e se lo vede vicino. Si alza a sedere, tende la mano e comincia a lamentarsi col solito tono: «Fate la carità a una povera vecchia senza forze».
Frattanto il viandante è arrivato all'altezza della fontana, esce di strada incontro alla vecchia e dice:
- Buona sera, nonnina; non ti sei ancora addormentata?
- No, che non mi sono ancora addormentata: non ho sonno, poveri i miei peccati!
Il viandante si siede per terra accanto alla vecchia, dove batte la luna, e sospira profondo dalla stanchezza...
- E da dove vieni, che hai fatto così tardi per strada?
- Eh, da dove vengo io!... da lontano vengo...
- Da lontano, eh?...  E... dove vai?
- Eh, dove vado io !... Lontano vado... Lontano, eh! E... come ti chiami?
- Prichindel.
- Sì! E quanti anni hai?... A vederti sembri ancor un ragazzino...
- Vado verso i diciassette.
- Sì… e i genitori, li hai?
- No, sono un trovatello...
- Si!... e fratelli nemmeno?... sorelle?
- Ma..., ne avrò forse, ma non li conosco...
- Come, ne avrai, ma non li conosci?... Che discorso è questo?
- Eh, non te l’ho detto che sono un trovatello?
- Bene, questo l’ho capito; ma, io volevo sapere...
- Beh, senti un po’, nonnina, che hai, che vuoi che te la conti per filo e per segno?
- È che voglio sapere anch’io...
- Ma a te che te ne importa?
- Come, che me n'importa? – domanda la vecchia tutta meravigliata... – Lo sai ch’è bella questa! Come! Non devo sapere io che razza di gente ricevo la notte a casa mia... ah?
- Sì, ma così, venirmi a contare quanti denti ho in bocca...
- Beh, e che te li tiro, se te li conto?
Piacque al ragazzo l’uscita della vecchia, e risponde:
- Caspita! A un buon albergo son capitato stanotte!... Invece di domandarmi: «Hai mangiato oggi, figlio mio? Hai fame?» mi fa tutto un interrogatorio a digiuno.
- Ed è colpa mia?... Tu perche fai lo scemo e non parli?... Non lo sai tu che finché il bambino non piange, nemmeno la mamma l’allatta?...
- Sì che lo so; ma se m’hai assaltato con tante domande, come te lo potevo dire?
- Vieni qua, buono a niente!
E dicendo così, trae dalla cesta una costoletta di maiale, un paio di ciambelle, un pezzo di torta, delle mele, e gliele da:
- Prendi qua e lavora un po’ di mascelle, ché denti, grazie a Dio, vedo che ne hai.
II ragazzo mangiò con appetito, ringrazio la vecchia e si piegò sulla fontana a bere.
- Che fai?
- Che faccio?... bevo.
- Che! Acqua fredda vuoi bere su una costoletta affumicata? Da’ qua!...
E dalla bisaccia gli diede una bottiglietta d’acquavite di menta.
- Sta’ a sentire, ragazzo mio; non bere mai acqua sui grasso, che ti resta poi sullo stomaco... Hai capito?
- Ho capito...  Anche tu, mi pare, la sai lunga.
- Certo che la so lunga; che fino a questa bella età che ho, non sarò vissuta con la testa nel sacco... Lo sai come si dice: dalla faccia si conosce la gente... Eh, caro mio, se ti dicessi io chi sono...
- Capisco, capisco – rispose il ragazzo sbadigliando – ma, dico io, stanotte, non ci riposiamo noi?... È tardino, mi pare...
- Coricati tu, se hai sonno, figlio mio... A me mi si è rotto il sonno, ora; e posso stare a chiacchierare fino a domani, se vuoi...
- Lo puoi tu, che non sei andata tutto il santo giorno in giro, come me; due poste, a piedi... Ma io, se ti debbo dire la verità, vorrei proprio riposarmi un poco.
E giù a sbadigliare di nuovo.
- Allora – gli dice la vecchia – coricati tu, dormiglione; io sto ancora su... Piglia questa coperta e avvolgiti, che sull’alba fa fresco.
Dopo che si fu coricato ed avvolto, gli disse la vecchia:
- Voltati dall’altra parte, che la luna ti batte negli occhi... Vuoi che ti racconti una storia, per farti addormentare più presto?
- Racconta.

- Ma tu, mi stai a sentire?
- Ti sto a sentire.

- C’era una volta, solo una volta, e se non c’era...
- ....  non si contava – borbottò il ragazzo.
- Beh, vedo che questa la sai – disse la  vecchia.
- So solo il principio.
- Eh, il principio non è niente, il resto devi vedere, e la fine.
E continuò così:
- ... quando ferravano le pulci con 99 chili di ferro...
- ... e saltavano su fino in cielo – borbottò di nuovo il ragazzo.
- Ma di’ la verità, se la sai questa, te ne racconto un’altra.
- Avanti, avanti, nonnina, e non mi fare arrabbiare.
- E tu, allora, sta’ zitto e sta’ a sentire... C’era una volta un re e una regina, ricchi che non ti dico, ricchi sfondati, e pregavano sempre Iddio che desse anche a loro un bambino,... e pregavano,  pregavano, ma inutilmente pregavano... Pure, quando avevano già perduto tutte le speranze, ed erano vecchi, ma vecchi, ecco che si presenta una zingara più vecchia di loro, e dice che vuol fargli la  sorte...
La vecchia sente qualcosa e lascia a mezzo il racconto... Era Prichindel a terra che russava, e la luna nel cielo era salita tre palmi e ancor più... La vecchia si piegò su di un fianco a guardare se era coperto, che aveva compassione di lui; ma, guardando più da vicino, vede da una parte la coperta un po’ sollevata; l’abbassa..., la coperta si alza; la rimette giù, ma quella di nuovo su.
Allora pensa la vecchia: «Guardiamo un po’ meglio!» e scosta adagio adagio la coperta, mette dentro la mano, e che tocca? una coda!... «Ho capito!». Lascia ricadere per benino la coperta sul ragazzo addormentato, e comincia a carezzargli dolcemente i capelli: comincia dalla nuca, e quando arriva con la mano alla fronte, che incontra? due bei bernoccoli – c’e bisogno di dirlo? – due cornetti come si deve.
- Ehi – dice la vecchia – di quelli eri tu?... Va’ là, che vi conosco io!

Gli ficca una mano nei capelli, con l’altra lo prende per la coda, e tira di sopra e di sotto. Il ragazzo salta dal sonno:
- Ehi, nonnina, che c'e?
- Bravo, bravo, canaglia, che non ti meriti altro!... Dopo che ti ho raccolto, ti ho ospitato, ti ho trattato come ti ho trattato, tu, grande e grosso come sei, russi che è un piacere; e io, povera donna, me ne sto qui a sbadigliare e a raccontarti favole ed a guardarti dalle mosche. Eh, eh, che storie sono queste?... Su, su, alzati, che hai dormito abbastanza. Guarda che luna!... su, a passeggiare!...
- Ma non ti senti bene, nonnina?... coricati un poco e lasciami riposare... Non te l’ho detto che sono stanco?
- Lascia, lascia le storie... come se non sapessi io...
- Uffa, tutte le sai tu.
- Beh, sappi allora, che se dobbiamo venire a fare i conti, io lo so chi sei tu... A chi vuoi contarla?...  che sei un povero ragazzo, che non hai fratelli, che sei stanco morto dal cammino... Come se non avessi visto le belle cose che hai... Che credi?... andiamo, alzati, a passeggiare, non senti?
E di nuovo lo scuote.
- Lasciami stare, nonnina, sta’ buona.
- Non ti lascio, vagabondo, fino a che non ci mettiamo a passeggiare... solo un poco, un pochino, da qua a là, tanto da farmi venire il sonno... Su, alzati.
- Eh – dice il ragazzo – l’ho trovato il mio tipo con questa vecchia... Capiscila una buona volta, quando un uomo ti dice...
- Un uomo?! E che sei un uomo tu?
- E che sono allora?
- Un uomo tu? Ma quando mai si è visto un uomo con la coda e le coma?... Me la vorresti fare a me, eh? Ah, ah, ragazzo mio, tu non lo sai chi sono io... io... dei bamboccini come te... Domanda qualche volta a tuo fratello, ad Aghiuta - con lui ci conosciamo da un pezzo – e te lo dice lui  chi sono, e tu digli da parte mia, che te l’ho detto io: perché non si fa più vedere da queste parti?... Che?... è arrabbiato?... Su, passeggiamo, alzati una buona volta, che ti piglio a schiaffi.

Ma il diavolo – che altro volete che faccia, se non tentare e perdere noi poveri uomini e farsi beffe dell’anima nostra? – a che pensa quel maledetto di Prichindel, vedendo che non ha altro modo di salvarsi dalla vecchia? Si alza a sedere e dice:
- Beh, nonnina, che vuoi che ti dica?... Dato che se n’è andato anche a me il sonno, credo che mi piacerebbe fare una passeggiatina alla luna.
- E allora perché non ti muovi?... Su!
- Sì, ma non a piedi....
- E come allora?... a cavallo?
- A cavallo, certo; a cavallo vengo.
- Guardalo un po’! Mi pare che t’ha dato di volta il cervello... Dove vuoi che ti trovi un cavallo  ora?... Che credi che ci sono qui le stalle di tuo padre, che basta che tu batta le mani, e ti viene un bucefalo fino alla scala? Mi dispiace per te!... perché non pensi prima di parlare?... Non sta bene così!
- Ma ho parlato di cavalli io?... io ho detto a cavallo!
- Va bene, e che significa questo?
- Eh, mi dispiace per te, che hai detto poco fa, che la sai lunga e che capisci tutto, e ora non afferri una cosa così.
- Che vuoi che afferri?
- Tu vuoi che andiamo a passeggiare...
- Eh, sì...
- Ebbene, io vengo volentieri, ma solo a cavallo vengo... Eh?
- Eh?
- Eh! Pigliami tu a cavalcioni, e ce ne andiamo così a passeggiare... Guarda che luna!
- Non ti vergogni? – dice la vecchia; – un ragazzone robusto come te, un giovanottone così, volerti servire d’una povera vecchia storpia come me, senza forze... che ti porti io sulle spalle, con le mie povere ossa... Sentilo un poco!
- Vergogna o no, così è... Se vuoi, bene; se no, lasciami in  pace.
- Così la pigli?
- Così... Se sei una povera vecchia senza forze, che voglia hai di passeggiare?... Stattene qua e riposati le tue povere ossa...                                                            .
E dicendo così, Prichindel s’aggiusto per dormire...

In alto splendeva la luna... La vecchia si coricò anche lei, chiuse gli occhi e stette così un pezzettino; si voltò, si raggomitolò su di un fianco, sull'altro, e infine:
- Ti sei addormentato, Prichindel?
- Di nuovo, nonnina?
- Senti, alzati, ché ti dico una parola.
- Che parola?
- Ma Prichindel, e se non ti posso portare? Perché tu devi essere pesante, a quanto pare, robusto...
- Tentiamo noi,... che ci perdiamo?
- Ehi, il diavolo che ti  porti... Sta’ un poco a sentire che trovata da diavolo, che idea che gli è passata per la testa! Vuoi o non vuoi, una passeggiata a cavallo... Senti, vieni, andiamo meglio a piedi, è più bello.
- A piedi non posso.
- No?
- No...
Sta zitta ancora un poco la vecchia, poi dice:
- Su, alzati, vediamo un poco che riusciamo a fare... Accontentiamoti anche in questo, che tu poi non dica!
Si alzano tutti e due, la vecchia si abbassa e grida a Prichindel:
- Su, oppa!
- Tieniti bene, nonnina!
E, oppa, su, sulle spalle della vecchia; ma questa:
- Sta’ a sentire: non ti tenere pesante, e non mi dare dei calci come fanno i bambini. Tienti stretto con tutte e due le mani al mio collo !... Su, pronti!

... Glielo aveva detto la vecchia che la sapeva lunga lei, e che lui non capiva niente. Scemo di un Prichindel: diavolo e buono, non l’aveva capita. L’aveva appena stretta alla gola, che la vecchia si scosse la sua bruttezza e i suoi cenci e si cambio all’improvviso in una donna giovane e fresca, bella e slanciata come può essere solo una fata, che splendeva sulla terra come splendeva in cielo la luna. Perché questa vecchia era la figlia di un imperatore potente, che da ragazza s’era data alla scienza delle fatture e dei filtri, e per i suoi peccati era stata dannata a diventare una vecchia mendicante, e a non poter ritornare qual’era se non quando riusciva a fargliela al diavolo; e anche allora per solo una  notte. Così, mentre io vi dicevo queste quattro parole, la vecchia, o la figlia dell'imperatore o la fata, come meglio vi piace, era già lontana con Prichindel. Correva leggera come il vento, che pareva non toccasse la terra; sul capo di Prichindel svolazzavano sciolti i suoi capelli castani, e al lume della luna sventolava il velo viola intessuto di farfalle e di fili d ‘argento, nel quale era avvolta....
E corri e corri così...
- Fermiamoci un poco, pigliamo fiato un momento, – le disse Prichindel, stordito, quando furono in mezzo ad un prato.
Ma lei, perché doveva starlo a sentire?... Se  aveva mai rallentato un poco la corsa, ora l’affrettò ancora di più, e via sempre più svelta, fino a che furono in una gran prateria, una distesa di bianche rose odorose, e là comincio a rallentare, e poi, a poco a poco, ad andare più adagio... Poi,  fermandosi, dice:
- Senti!
Ed ecco, in quel silenzio pieno di lume di luna, alzarsi dall’ombra di una macchia una voce d’usignolo!
- Ti piace, caro Prichindel?
- Magnifico – risponde lui.
- Ti dispiace ancora che t'ho fatto rinunziare al sonno per passeggiare?
- Eh, no.
- Vuoi che continuiamo?
- Avanti!
E di nuovo la figlia dell’imperatore ripiglia la corsa.
Passeggiarono molto, e praterie su praterie attraversarono, tutte colme di fiori! E tante voci di uccelli, l’una più bella dell’altra, sentirono!.... Ma quando, lontano lontano, uscivano da un  boschetto nei campi aperti ad occidente, di colpo Prichindel grida atterrito:
- Si fa giorno!

Lei immediatamente si ferma, guarda all’orizzonte, vede che davvero traspare un barlume di alba, e... via! E giù, che volata!... Vola come può volare il cavallo del diavolo, per pietrischi, per fossi, per pruni, per ceppi, per stagni, – vola che il povero Prichindel vedeva ballare nel cielo tre lune invece di  una. E appena in un soffio arrivò alla fontana, buttò già il diavolo come fosse un fagotto, e lei ecco si scuote, e in un attimo, si accoccola sulla coperta: proprio la vecchietta della sera. Quello si alza, rotto  dalla caduta, e le dice:
- Con buona salute, nonnina!
- Buon viaggio, Prichindel caro!
E il ragazzo se n’andò zoppiconi per la collina verso occidente, dove tramontava la luna... Ma la vecchia gli gridò dietro:
- Ehi, mi senti tu?... Quando ritorni qua?
- Un'altra volta... chi sa quando, – risponde lui, senza voltarsi indietro.
- Eh, ragazzo, non dimenticare di dire a tuo fratello che l'aspetto senz'altro... Hai sentito?
Ma prima ancora che la vecchia avesse finito, il ragazzo era sparito, come se la terra se lo fosse ingoiato.
Sospira la vecchia e si corica. Ma non ha ancora chiuso gli occhi, che sente voci di viandanti. Si alza a sedere con la mano tesa e comincia a lamentarsi al solito suo:
- Fate...
Ma uno dei viandanti le taglia a mezzo la frase:
- Così presto ti sei alzata oggi, nonnetta?
- Eh, che volete che faccia? Se non ho mai sonno, povera me!... Fate la carità a una povera vecchia senza forze!
- Compatisci,  nonnina, – dice l’altro.
E se ne vanno per la loro strada.
- Non importa, non importa! Ci compatisca tutti il Signore.
E trae dalla cesta un pezzetto di tarallo, lo bagna nella ciotola e comincia a ruminarselo fra le gengive!


NOTA
1. Danza popolare romena.

Ion Luca Caragiale
(n. 11, novembre 2012, anno II)