Anteprima. Immigrazione e letteratura. Radu Pavel Gheo: «Via, a casa loro»

Quando la realtà dell’immigrato romeno in Italia diventa letteratura. Accade nel racconto dello scrittore romeno Radu Pavel Gheo Înapoi, acasă / Via, a casa loro – qui in anteprima in versione italiana – su Petrică Scarpete del villaggio di Tălieni (chiara evocazione degli italiani arrivati in Romania prima della guerra) e il commissario Scarpetti. Il testo è una nuova variante di quello tratto da Numele Mierlei – 50 de clipuri vesele şi triste / Il nome del merlo – 50 clip allegri e tristi (Polirom, Iaşi 2008), qui con presentazione della traduttrice Maria Luisa Lombardo.




Radu Pavel Gheo: «Via, a casa loro»

L’uomo entra, scortato dalla polizia. Si siede sulla sedia che gli viene indicata da uno dei due uomini in uniforme, da qualche parte di fronte alla scrivania del commissario. Sembra stanco e afflitto, come se non avesse dormito da molto tempo in un letto.
Il commissario – alto, bruno di capelli e abbronzato, con l’uniforme impeccabile – lo squadra con occhio critico, poi prende la pratica che uno degli agenti gli porge. La sfoglia un poco, fa cenno a quei due di andare via, sfoglia ancora qualche minuto la pratica… Alla fine, solleva nuovamente lo sguardo verso l’uomo ammutolito, lì seduto.
«Sai parlare italiano?», iniziò bruscamente il commissario.
«Sì», rispose quasi immediatamente l’uomo, alzando la testa.
«Come ti chiami?»
«Petrică Scarpete».
«Da dove vieni?»
«Dalla Romania. Da un villaggio, Tălieni», aggiunse subito questi, sotto lo sguardo tagliente del commissario.
«E da quando sei qui in Italia?»
«Da dieci giorni», giunse rapida la risposta.
Il commissario lo osservò attentamente.
«Dieci giorni, dici?»
«Dieci giorni».
«Non di più?», insistette il commissario.
«Non di più».
«Menti! Razza di romeno bugiardo!», esplose furioso il poliziotto e sbatté la pratica sulla scrivania. «Sai che ti espelleremo. Ti rimandiamo a casa, così vai a rubare e a importunare la gente del tuo paese, là, in quella tua puttana di Romania!»
«Ma io non ho rubato, signor commissario…», si difese l’uomo. «Che Dio mi punisca, se ho rubato! C’è scritto lì che ho rubato qualcosa?»
«E allora perché sei venuto qui? A lavorare onestamente, no? Per guadagnare un po’ di quattrini, perché nel tuo paese non hai trovato un lavoro e i tuoi figli muoiono di fame?»
L’uomo, afflitto, tacque.
«Non è così? Dimmi, non è così?!»
«Sì, è così», sospirò l’uomo arrestato.
«Te lo dico io perché sei venuto!», iniziò con voce tonante il commissario. Si alzò e cominciò a camminare nervosamente dietro la scrivania. «Sei venuto a rubare. Può darsi che hai già rubato. Forse hai anche ucciso qualcuno. Come faccio a saperlo? Dove hai dormito?», latrò di botto verso l’uomo.
«Da alcuni… ho degli amici… in un campamento… Appena sono arrivato. Stavo cercando anch’io un lavoro in città, ma non l’ho trovato. Adesso è più difficile… E allora, una notte, è venuta la polizia e ci ha portati via».
«Menti! Te l’ho detto che menti!», urlò il commissario. «Porca miseria!».
Poi, con un tono più pacato, riprese:
«Se dicevi la verità, avresti avuto, forse, una possibilità. Forse ti avrei creduto. Ma quando menti a questo modo, porco svergognato che non sei altro, non ho cosa farti: inoltrerò gli atti, al giudice, perché firmi l’ordine di espulsione».
Si piegò sulla scrivania, verso l’uomo sulla sedia:
«Se sei venuto solo dieci giorni fa, dimmi, com’è che parli così bene l’italiano? L’hai imparato in qualche università? Non ci credo troppo! L’hai imparato dall’imperatore Traiano? Come l’hai imparato? Parla!»
«Da… da mio nonno», disse l’uomo.
«Senti, senti! E lui dove l’aveva imparato?»
«Qui, a casa sua. Veda,» iniziò subito l’uomo, «mio nonno era italiano. Andò in Romania prima della guerra, quando in Italia c’era una grande miseria. Imparò il romeno e dopo si sposò e non tornò più a casa. A me l’ha insegnato lui».
Seguì un momento di silenzio.
«E da dove è partito questo tuo nonno?», domandò il commissario, per la prima volta sinceramente curioso.
«Da qui, da queste parti. Ma vennero in molti. Per questo il mio villaggio si chiama così, Tălienii, cioè venuti dall’Italia».
«E perché dovrei crederti?», domandò di nuovo il commissario.
Ma non fece in tempo a sentire la risposta. Nell’ufficio entrò un altro poliziotto.
«Commissario Scarpetti, la cercano dalla Procura!».
L’uomo sulla sedia alzò di scatto la testa. Ma il commissario non lo stava più guardando. Abbassò nuovamente lo sguardo sulla pratica e si rivolse a quell’altro poliziotto:
«Prendi anche questa pratica e mettila insieme alle altre. Mandale con un messo a Milleroni, perché firmi gli ordini di espulsione. Vagabondaggio, pericolo per la sicurezza pubblica… sai, come al solito. Che li mandi tutti via, a casa loro.
Mentre si dirigeva verso la porta, il commissario Scarpetti gettò tuttavia uno sguardo all’uomo con le occhiaie sulla sedia. Gli sguardi dei due si incrociarono per un istante. L’italiano abbassò il suo, poi uscì.

Radu Pavel Gheo



Maria Luisa Lombardo: «Radu Pavel Gheo, Alti ideali» [1]


Sguardo di due popoli

Uno sguardo può dire a volte più che molte parole. È forse questa una delle chiavi di lettura del piccolo racconto di Radu Pavel Gheo, Via, a casa loro. Tutto il racconto, infatti, è un susseguirsi di sguardi che si abbassano e si alzano. Sguardi di frustrazione, di sconfitta, di arroganza, di superiorità, di razzismo, di sorpresa, di noncuranza, di commiserazione, di compassione, di colpa…
Lo scrittore, attento osservatore della Romania attuale e della sua gente, dipinge un quadro possibile: un romeno, arrestato dalla polizia italiana, viene interrogato da un commissario. Lo scambio di battute fra il romeno, afflitto e stanco, e il commissario, abbronzato e perfetto nella sua scintillante uniforme, è il pretesto per alludere a una storia ben più profonda. Quella di due paesi per certi versi molto simili: l’Italia e la Romania. Per l’esattezza, quella delle migrazioni dei due paesi. La migrazione passata dei tanti italiani, molti del nord-est, che per la miseria andarono a lavorare in Romania, e quella attuale dei romeni, alla ricerca di condizioni di vita migliori e più degne.
Lo scambio di sguardi fra il romeno e il commissario si trasforma così nello sguardo di due popoli, le cui storie si sono a volte intrecciate. In questo sfondo si insinua, però, la paura del diverso, di ciò che non riusciamo (più) a riconoscere perché ‘strano’, ‘differente’… E in tal senso, entra in campo l’onomastica (o la toponomastica), che il tempo e la distanza (linguistica e spaziale) trasforma. Il romeno, ad esempio, proviene da un paese, Tălieni, il cui nome significa “venuti dall’Italia”, in ricordo di tutti quegli italiani che anni addietro emigrarono in Romania da un’Italia funestata dalla povertà. Inoltre, il nostro protagonista si chiama Petre Scarpete, e il suo cognome somiglia sospettosamente a quello del commissario, Scarpetti. Questo dà origine a quello che potrebbe dirsi un ‘colpo di scena’, anche se a notare questa sorprendente somiglianza onomastica sembra essere solo Petre.
Il racconto procede in crescendo e, difatti, il punto di massima tensione drammatica è l’ultima battuta di sguardi:
Mentre si dirigeva verso la porta, il commissario Scarpetti gettò tuttavia uno sguardo all’uomo con le occhiaie sulla sedia. Gli sguardi dei due si incrociarono per un istante. L’italiano abbassò il suo, poi uscì.
In Via, a casa loro, il nome è, in definitiva, più che mai sinonimo dell’identità di una persona, delle sue origini. Quella dell’identità si conferma come una delle tematiche centrali nell’opera di Radu Pavel Gheo, tant’è che Via, a casa loro fa parte (in un’altra variante) del volume di prosa breve Il nome del merlo (Polirom, 2008).


Il nome del merlo: un libro in cinque LP

Il bizzarro titolo del volume fa riferimento, a sua volta, a uno dei racconti (dal titolo omonimo), in cui un cittadino, Ionel Acsinie, affronta una vera odissea per far modificare la propria carta d’identità, dopo che il nome della strada in cui vive, “Intrarea Mierlei” (Entrata del Merlo), è stato modificato in “Martir Ioan Acsinie” (Martire Ioan Acsinie), in memoria di suo padre ucciso durante la rivoluzione del 1989. Ionel Acsinie, dopo aver lottato invano contro l’incompetenza e la superficialità dei funzionari dell’ufficio anagrafe, si ritrova con una nuova identità. Nel suo documento di riconoscimento adesso c’è scritto: «Cognome: Del Merlo, Nome: Entrata». Per fortuna, chiosa con un ghigno l’autore, «i nomi dei genitori e il nuovo indirizzo erano scritti molto correttamente».
Il nome del merlo è impregnato di sarcasmo, di umore amaro, di ironia e serietà, come suggerisce il sottotitolo “50 clipuri vesele şi triste”, cioè “50 clip allegri e tristi”. I racconti di Gheo sono 50 clip (letterari), suddivisi in cinque LP (o cinque CD). Ogni LP raggruppa racconti che hanno un tema in comune, in qualche modo indicato dal titolo dell’LP stesso: Cotidiana, Balcanice, Vîrste şi vremi, Zoon Politikon, Pozne. Questi racconti ‘molto-molto brevi’ – così ama definirli l’autore – sono immagini di vita quotidiana, molto reali, quasi palpabili, captate dall’occhio, ma soprattutto dal fine orecchio dell’autore-testimone. Le scene narrate, infatti, sono spesso caratterizzate dalla ricchezza dei dialoghi, uditi ‘per caso’ dallo scrittore.


Il primo LP: Quotidiana

Tutto questo ci viene svelato da Gheo già in apertura, in Vibraţia vieţei, primo brano del volume e di Cotidiana.
Uno scrittore con le cuffie sempre sulle orecchie, alter ego dell’autore, viene attaccato da un suo collega (più anziano e che ha attraversato svariate ‘ristrutturazioni generazionali’) e accusato di non prestare attenzione alla ‘gente vera’: «Vai in giro tutto il giorno con quelle cuffie sulle orecchie e non presti attenzione alla vita che vibra intorno a te! E poi dici che sei uno scrittore! Ma dai, lo scrittore deve osservare la vita, ascoltarla, vederla, sentire tutto ciò che accade nel mondo! (…) Se non osservi, non vivi, non impari, invano continui a scrivere…».
Lo scrittore, allora, decide di seguire il consiglio dell’amico, si toglie le cuffie, e drizza le orecchie ai discorsi della gente “vera”. Il risultato è pero poco confortante: il romeno del secolo XXI si esprime a monosillabi, con frasi fatte e stereotipate, sembrano mancargli i contenuti. Ma, soprattutto, da quei frammenti di discorsi così generici e monosillabici, l’autore si rende conto di non riuscire a comprenderne il significato. Aveva dunque ragione il suo amico: la vita vera è più complicata, bisogna ascoltare le sue vibrazioni, altrimenti non capisci più nulla. Ma davanti a questo vuoto di contenuti e significati, al nostro ‘ascoltatore’ non rimane di meglio da fare, per il momento, che tapparsi nuovamente le orecchie con le sue cuffie.


Il secondo LP: Balcaniche

Il secondo LP, Balcanice (Balcaniche), racconta esperienze nate dal confronto fra i romeni e ‘gli altri’, fra una Romania ancora legata a un’economia rurale e l’Europa dell’economia di mercato, fra romeni e imprenditori stranieri in Romania, fra romeni all’estero e gli abitanti di quei paesi. Via, a casa loro appartiene proprio a questo LP. Alcuni racconti di Balcanice sono davvero mitici, e già dal titolo, come Know-how la stînă (Know-how nell’ovile), dove la moderna parola anglosassone suona quasi come un ossimoro accanto a stînă (‘ovile’), evocativa di un determinato immaginario rurale. Oppure, Frumoasă ţară (Bel paese), dove due romeni in vacanza in Croazia sfoggiano un (falso) patriottismo, elogiando le bellezze della Romania (che nessuno dei due ha mai visto dal vivo) e confrontandole a quelle dei molti paesi stranieri che hanno, invece, visitato o hanno intenzione di visitare.


Il terzo LP: Età e tempi

In Il nome del merlo basta a volte anche un pezzo di giornale, un frammento di lettera per ricostruire la realtà e dare origine a quadretti tragicomici, a pezzi di quotidianità assurda.
I personaggi che popolano le ministorie di Gheo (contadini, gente di città, poliziotti, politici, pensionati, romeni immigrati all’estero – i cosiddetti căpşunari, cioè ‘raccoglitori di fragole’ –, studenti ecc.) non sono altro che i romeni ‘della transizione’ e della ‘post-transizione’, che vivono in una Romania ancora senza ordine, su cui aleggia il fantasma di un passato ora mitizzato, ora condannato.
Il confronto fra il passato (comunista) e il presente, in special modo, lo troviamo nel terzo LP, Vîrste şi vremi (Età e tempi), in cui un tocco di nostalgia si mescola al sarcasmo e all’ironia di sempre. Così accade nel bozzetto Din alte vremi (D’altri tempi), dove un anziano commenta a un giovane:
«Vedi, ragazzo mio, adesso dappertutto leggi di com’era dura la vita ai tempi dei comunisti. Non dico che non era dura. Lo era. Ma non così come si dice. (…) e la gente se la cavava. I romeni hanno sempre saputo cavarsela. Perché, è forse meglio adesso che trovi di tutto e non hai i soldi per comprare quello di cui hai bisogno? Ci sono più morti di fame adesso che ai tempi di Ceauşescu. Morti di fame e vagabondi e perditempo e mendicanti… Allora nessuno moriva di fame (…). Vedi, a quei tempi lo stato si preoccupava di te e ti dava un lavoro, e una casa. Non rimaneva nessuno per strada, come adesso». Il racconto nostalgico e appassionato dell’anziano si tramuta alla fine in qualcosa di farsesco, quando viene fuori che questi, all’epoca di Ceauşescu, era nientedimeno che un securist, e soprattutto quando il giovane si azzarda a domandargli: «E durante la rivoluzione (del 1989, n.n.) lei era qui in città?» (…) Il vecchio mi lanciò un’occhiata fredda e come vuota: «No, allora ero via, al mio villaggio».


Il quarto LP: Zoon Politikon

Alla penna ‘pungente’ dello scrittore non sfuggono nemmeno i politici e il rapporto dei cittadini con la politica e i suoi rappresentanti, a cui è dedicato un intero LP, il quarto, Zoon Politikon. In questo caso, molte storie si ispirano a fatti di cronaca politica realmente accaduti. La zoticaggine (mitocănia) e l’ignoranza sembrano toccare i limiti dell’assurdo. Un esempio è la spassosa quanto inverosimile lettera al Procuratore Generale della Romania inviata da Muselenii de Sus da un religiosissimo direttore scolastico. Viene quasi da chiedersi come avrà reagito il politico davanti a frasi come: «Ho sentito il cittadino Ică Stan, disoccupato di questa località, dichiarare all’osteria, quando si trovava sotto l’effetto dell’alcol, che, cito “il paradiso si trova in mezzo alle cosce di Mariana”, chiudo la citazione, Mariana essendo la concubina di questo cittadino. (…)». Oppure «desidero menzionare qui anche il cittadino Agache Pană, il proprietario dell’osteria del posto, che annota nel suo quaderno dei debitori i bicchierini bevuti da questi utilizzando quale segno di conteggio le croci. E questo, benché io lo abbia redarguito in numerose occasioni e gli abbia consigliato, con molta affabilità, di utilizzare x o quadrati o quello che vuole (…). Questi ha avuto la sfrontatezza di rispondermi, dicendo che non si tratta del segno della croce, bensì del segno più della matematica…».


Il quinto LP: Facezie

I protagonisti de Il nome del merlo, in genere, sono pittoreschi, caricature del 'romeno-tipo', e dunque allo stesso tempo tremendamente realistici. Possiamo dire che Gheo, nei suoi sketch e nei suoi quadretti o bozzetti, rappresenta i tic, le manie, i difetti (ma anche i pregi, a volte) dei romeni di oggi. Quest’aspetto è più pronunciato nell’ultimo LP, Pozne (Facezie, ma la parola indica anche una situazione complessa e spiacevole), a cui appartiene il brano che dà il titolo all’intero volume, Il nome del merlo.


Il linguaggio ‘orale’ e le deviazioni lessicali

La prosa breve di Gheo, definita “neorealista-minimalista” e “socio-antropologica”, consiste, in definitiva, in bozzetti della realtà ‘puri’. Manca un’epica a tuttotondo, e mancano le conclusioni. L’autore fotografa il mondo o registra i suoni della vita, ma lascia libero il lettore di trarre le proprie conclusioni e considerazioni.
Non a torto, Radu Pavel Gheo è stato paragonato al grande commediografo romeno del XIX secolo, Ion Luca Caragiale, o a Pavel Cechov ed Eugène Ionesco. La Romania di Gheo può definirsi un grande scenario dove ‘personaggi reali’ recitano la vita reale, con esilaranti effetti comici che non mascherano tuttavia la tragicità dei conflitti sociali, l’abisso fra la realtà rurale e quella urbana, una certa crisi d’identità, il falso patriottismo ecc.
Il punto forte della prosa breve di Gheo è sicuramente la lingua, la parola. Come affermato in precedenza, l’autore affida la caratterizzazione dei suoi personaggi soprattutto al dialogo, all’espressione orale (resa con maestria per iscritto). Il ‘romeno-tipo’ di Gheo si autocaratterizza attraverso il proprio linguaggio, specchio della sua mentalità e della sua cultura. Molto spesso, questo si traduce in quello che Cosmin Ciotlos definisce ‘deviazionismo lessicale’: «là dove la grammatica pretende il plurale, lui (GHEO, n.n.) ci infila, ludicamente, un numero in meno. Là dove l’Accademia impone la grafia etimologica, lui fa spazio, con tolleranza, anche a un esempio analogico. In definitiva, quando i regolamenti amministrativi danno origine, separata dai due punti, a un facile freddura, Radu Pavel Gheo eleva questa al rango di metafora» [2].
In tal senso, il linguaggio ‘orale’ e le deviazioni lessicali possono creare i maggiori problemi a livello traduttologico. Certi tic linguistici o coloriture locali si potrebbero perdere (a volte, inevitabilmente) o rischiano di perdere forza nella traduzione.
Questo linguaggio ‘vivo’ si fa sentire anche nei romanzi, dove sicuramente l’epica tende a prevalere sul lessico rispetto a quanto avviene nella prosa breve.


I romanzi: ‘tipi umani’ e personaggi ‘possibili’

Anche nei romanzi è evidente l’abilità di Gheo di creare ‘tipi umani’, di rappresentare personaggi ‘possibili’. Lo possiamo riscontrare, ad esempio, nel suo ultimo romanzo, Noapte bună, copii (Buona notte, bambini, Polirom, 2010– il titolo fa riferimento a una trasmissione radio per bambini del periodo comunista, e alla frase con cui la presentatrice si congedava dopo aver raccontato la favola), che ripercorre la storia di quattro ragazzini (Paul, Marius, Cristina e Leo) dagli anni ’80 al 2000, dalla Romania comunista (attraverso l’esperienza dell’emigrazione negli USA) a quella attuale, dall’infanzia (vissuta nel comunismo) all’età adulta, passando attraverso la perdita dell’innocenza e le illusioni dell’adolescenza (il sogno americano) ecc. Questo excursus cronologico-letterario è costato all’autore dieci anni di lavoro e documentazione.
Di altra fattura e di altro genere (fantasy-fantastico) è poi Fairia – O lume îndepărtată (Fairia – Un mondo remoto, Polirom, 2004).
Radu Pavel Gheo è un appassionato della letteratura SF, tant’è che è stato uno dei coautori del primo Dizionario di SF mai pubblicato in Romania. Il suo debutto come scrittore, nel 1993, lo fa con il racconto Un alt răspuns (Un’altra risposta), pubblicato nella rivista “Jurnalul SF” e, successivamente, si conferma come scrittore di racconti, che sono un misto di fantasy e fantascienza, nel volume bilingue Nemira ’94, con il racconto Dans de lebada mecanică (Ballo di cigno meccanico)e con il volume di prosa breve Valea cerului senin (La valle del cielo sereno, Athena, 1997).
Su tutti questi, spicca, per l’appunto, il romanzo Fairia, appassionante, bello, divertente e che ci offre una carrellata di personaggi davvero impressionante. Tutti, persino l’androide che intervista il vecchio astronauta o il burbero centauro Hippokalos, sono estremamente umani. Ogni personaggio, per quanto bizzarro e fantasioso che sia, rappresenta la natura umana, è un ‘personaggio-tipo’. Anche in questo caso, la sua caratterizzazione è spesso un’autocaratterizzazione possibile grazie al linguaggio, ai dialoghi. Il nucleo del romanzo nasce, d’altronde, proprio dalla conversazione fra il vecchio astronauta, Ronnie Peterschneitt, appassionato e nostalgico, e l’androide seriale, David Eugen, freddo e simulatore, che lo interroga sulla misteriosa spedizione dell’astronave Skylark in un pianeta, Fairia, apparentemente molto simile alla Terra, ma dove «tutto era più verde, più azzurro, più ruggine». Nel pianeta Fairia prende forma l’infanzia dell’immaginario dell’umanità, prendono vita i miti e le leggende, rinascono streghe e dragoni, uomini-uccello e cani parlanti, prodi cavalieri e nani, risorgono regni e terre affascinanti e misteriosi, affiorano atmosfere spesso oniriche. E come sempre, non mancano i momenti comici: quando Nicky, lo xenologo della spedizione, ad esempio, intenta intavolare una discussione con il rozzo cavaliere Brave Soul, o quando Brave Soul descrive la sua promessa donzella “grassa e piena di foruncoli”, o ancora i battibecchi fra Brave Soul e l’anziano centauro.
Con Fairia, che a Ovidiu Nimigean fa ricordare ‘letture felici’ quali La storia infinita, Il Piccolo Principe, Un americano alla corte di re Artù, Gheo si dimostra essere «un uomo di grande purezza e candore». Fairia è un romanzo che fa sognare e riflettere allo stesso tempo, adatto a un pubblico di tutte le età, «perché la storia di Gheo è una storia per bambini. Come te. Come me. Come Brîncuşi» [3].


Il percorso letterario di Radu Pavel Gheo

Radu Pavel Gheo è sicuramente uno scrittore eclettico, spazia dal genere letterario (prosa breve e romanzo) al genere giornalistico (con le sue collaborazioni a periodici e riviste), dal genere saggistico ( DEX-ul si SEX-ul – Lessicalmente e sessualmente o Românii e deştepţi – I romeni è intelligenti ) a quello teatrale (I Hold-УП Akbar SAU Toţi în America - I hold- УП Akbar O Tutti in America, rappresentata al Teatro Nazionale di Timişoara nel 2007).
Probabilmente ciò si deve anche al suo percorso artistico e lavorativo:
Radu Pavel Gheo (nome d’arte di Pavel Gheorghiţă Radu) è nato, ha studiato e ha mosso i primi passi da scrittore nel Banato, e ha poi continuato la sua formazione a Bucarest e a Iaşi. Qui, in particolare, ha lavorato, con lo pseudonimo di Temperatus, presso la rivista culturale “Timpul” e ha presentato una trasmissione culturale a Radio Iaşi. E in questo periodo che Gheo si immerge appieno nel mondo letterario. La rivista “Timpul”, guidata da Liviu Antonesei, è stata l’incubatrice di vari talenti, e in questa redazione Gheo è venuto a contatto con gruppi letterari (Club 8 e OuTopos) e scrittori di differenti generazioni (Ovidiu Nimigean, Dan Lungu, Lucian Dan Teodorovici, Dan Sociu, Horatiu Decuple ecc.). Dopo un periodo trascorso negli USA – questa esperienza è stata la base per il saggio Adio, adio, patria mea, cu i din î, cu a din â (Addio, Addio, patria mia…, saggi, Polirom, 2003 e 2004), ma anche, in parte, ispirazione del suo ultimo romanzo Noapte bună, copii! –, Gheo è ritornato nel suo Banato, a Timişoara, dove lavora come redattore della rivista culturale “Orizont”, continua a mantenere il legame con gli ambienti di Iaşi e Bucarest ed è redattore e traduttore della casa editrice Polirom. Gheo, inoltre, è specialista e traduttore di letteratura anglosassone, e questo, volente o nolente, ha forgiato in parte la sua penna.
Radu Pavel Gheo è uno scrittore affascinante, attento ai lettori, poliedrico, caratterizzato dal ‘candore’ e dall’‘orecchio musicale’ che gli permette di cogliere la vibrazione della vita. Eppoi lo contraddistinguono quella serietà che non gli impedisce di concedersi momenti ludici e quell’umorismo che gli permette di non prendersi troppo sul serio e che permea la sua opera. E così, difatti, si autodefinisce l’autore: «credo nell’importanza della letteratura e nella responsabilità dello scrittore nei confronti della sua opera. Credo nel comico, nella satira, nell’ironia – ridendo castigat mores. Non credo in assolutismi ideologici, sia essi di sinistra o di destra. L’elogio di un lettore qualsiasi (quantunque per uno scrittore non esistono lettori qualunque) mi rallegra tanto quanto una cronaca di una rivista letteraria».

Maria Luisa Lombardo

(n. 1, gennaio 2012, anno II)


NOTE
1. “Alti ideali” è il titolo della foto di Andrei Cojocaru che fa da copertina a Il nome del merlo.
2. Cosmin Ciotlos, Radu Pavel Gheo – Numele mierlei, in “NRV”, 15 noiembrie 2008. Cfr. http://nrv.radiocultura.ro/?p=94.
3. Ovidiu Nimigean, Et in Fairia ego!, prefazione a Radu Pavel Gheo, Fairia – o lume îndepărtată, Polirom, Iaşi, 2004, p. 5 e 7. 
4. Radu Pavel Gheo in http://www.gheoland.ro/bio/.