«Prossimi al mio dire». Versi di Lucianna Argentino

Presentiamo una selezione di versi della poetessa romana Lucianna Argentino. Dai primi anni novanta il suo amore per la poesia l’ha portata a occuparsene attivamente come organizzatrice di rassegne, di letture pubbliche, di presentazioni di libri e con collaborazioni a diverse riviste di settore. È presente in diversi blog di poesia, come “lapoesiaelospirito”, “Imperfetta Ellisse”, “liberinversi”, “Isola Nera”, “Furioso Bene”, “blanc de ta nuque”, “La dimora del tempo sospeso” (Rebstein), “Nazione Indiana”, “Le vie “poetiche”. Fa parte della redazione del blog letterario collettivo “viadellebelledonne”.




Inediti da “L’ospite indocile”


Sta in quel di più – visione delle madri
lei che parla senza staccare la lingua dal dolore
e continuamente lo rifà presenza
di se stessa e di quel che
del suo motivo le avanza.

***

Dice che non c'è addio nelle asole
e asola allora sia:
poca materia intorno e vuoto.
Sia passaggio e allaccio
sia lo spazio dell'abbraccio e del ritorno
sia pertugio e rifugio
sia il chiuso esposto alla parola.

***

Sommale le storie, fanne cifre aguzze
come gli anni di quelli vissuti
sulla capocchia di  uno spillo;
prendimi il fiato, la rincorsa;
trattienimi dentro silenzi
in ascolto delle radici,
del crescermi dell'anima
mentre scrivo per sapere cosa è natura
e cosa è sostanza e come fa a essere buono
un frutto o un uomo.

***

Prima il compito
il dovere
del sì detto d'incanto
e poi la prova
la misura
della visione
e della stonatura.

***

Prossimi al mio dire
quelli battezzati con la terra,
rivestiti della grazia delle zolle,
braccati nelle selve cittadine,
entro radure di pestilenze umane,
di ossa rotte, di fracassate speranze.
Prossimi al mio dire
quelli senza peso, senza giusta misura
predestinati all'indeterminazione,
cause efficienti della frazione del pane.

***

Arrivarono le campane
a siglare l'inizio di maggio
a scapicollare il nevischio
e le rondini appena giunte
e poi di nuovo la buona stagione
a sciorinare pistilli e spore
nei parchi allevati dall'infanzia
a ciuffi d'erba e pinoli
a sassolini e terra nelle scarpe
e formiche e luce tra i capelli.

***

Curva sul lavello stava la madre
le clavicole serrate, custodi di un pensiero
che dentro le faceva eco
ma come da un'altra voce.
E una pena da lei mi arrivava
simile a chi vuole limitare il male
rendendo sinottici il dolore e il gaudio.

°°°

Non risposero all'appello
ma la loro assenza
non provocò domande
semplicemente si stette
ad ascoltarne l'eco del nome
come davanti la lettura
di un testamento.

***

a Sergio Pistolesi

Le voci, chiede, avranno
un paradiso tutto loro?
un luogo dove, riposti gli strumenti,
tutte si raccolgono?
Le voci, dice, sai non le parole
che non sarà muto quell'altrove
ricamato di speranza
con fili logori e terreni.
Ma la voce, sai, quel suono
che non ce n'è uno uguale a un altro
dov'è che va?

***

La guerra finì
e loro che c'erano nati dentro
ne uscirono con vaghi ricordi
di allarmi e vermi nella minestra.
E nonna, quella di cui porto metà del nome,
presa nella continuità spazio temporale,
è malamente è malamente, ripensava
e quando le offrivano del vino
na cria diceva, una goccia, una lacrima.
No cry nonna no cry
passati ormai a un'altra storia
a un'altra guerra di tutto il lascito
ce ne resta na cria.

***

C'è qui – mentre le voci dei bambini
impollinano il tempo – come una nostalgia
simile a quella che del corpo hanno i morti.
Acqua acqua fuoco fuoco - giocano
a chi trova ciò che è nascosto
un gioco che durerà ancora,
a lungo.

***

Il foglio è altare
su cui concelebro la vita
su cui consacro – questo è il mio corpo
questo è il mio sangue – la parola
in passaggio di sostanza
impasto particole
mi comunico.

***

Scrivo di nascosto da Dio
che nella bocca voglio parole mie
e niente niente
nel passaggio dalla fronte alla spalla
dal gomito alle dita alla punta della penna
al suo muoversi sul foglio
per mio sentire altro
per meditato silenzio e pulsare di tempie
per il mio stare accovacciata
presso lo scavo con l'angelo geometra
e la sua corda a misurare
quanta benedizione c'è sulla terra



(n. 2, febbraio 2012, anno II)