Leggere il mondo come una parodia. Anniversario Marin Sorescu

Il 2016 segna una doppia ricorrenza nel quadro degli anniversari di Marin Sorescu: 80 anni dalla nascita e 20 anni dalla morte del poeta, nato il 19 febbraio 1936 a Bulzesti, non lontano da Targu Jiu (la città di Brancusi) e da Slatina (la città di Eugen Ionesco). Marin Sorescu è uno dei più importanti scrittori romeni, e non solo, del secondo Novecento. Ha esordito nel 1964 con una raccolta di parodie, Singur printre poeti (Da solo fra poeti), subito recensito dal grande critico letterario George Calinescu, e ha poi pubblicato una ventina di raccolte di poesie, una decina di testi drammatici, romanzi, saggi, traduzioni e interviste con alcuni dei poeti di rilievo del panorama universale (Borges, Michaux, Sanguineti, Gunter Grass, Vosnesenski ecc). Tradotto, a sua volta, in più di 40 lingue e paesi, Sorescu è stato vincitore di prestigiosi premi letterari, compresi quelli italiani, nonché candidato al Premio Nobel, ideatore di riviste letterarie, ministro della cultura e socio del Pen Club di Bucarest.
La sua poesia, con le radici nella straordinaria avanguardia poetica romena del primo Novecento (il surrealismo bucarestino con, fra i protagonisti i famosi, Tristan Tzara, Ilarie Voronca e Beniamin Fundoianu/Fondane, passato poi per l’esperienza di Eugen Ionesco), ha cominciato ad usare l’ironia come un filtro raffinato e contemporaneamente semplice della realtà derisoria e, ulteriormente, è accostata nell’humus particolare del topos rurale della zona natia in un ciclo di 6 libri dal titolo La lilieci (topos di un cimitero del suo villaggio natale), in cui la critica ha potuto scoprire un progetto di archeologia poetica, tramite la parola genuina del parlato contadino, con fine di conservare un mondo in via di sparizione. Morto precocemente, l’8 dicembre del 1996, ha lasciato geniali poemi scritti sul letto di una malattia spietata, e molti progetti incompiuti, ma anche una straordinaria opera letteraria, e un nome conosciuto e rispettato nel mondo culturale d’oggi.            

 

La strada

Assorto, le mani dietro la schiena,
Cammino sulla ferrovia,
La strada più diritta
Possibile.

Alle mie spalle, a gran velocità,
Viene un treno
Che non sa nulla di me.

Questo treno - Zenone il vecchio mi è testimone –
Non mi raggiungerà mai,
Perché io avrò sempre un vantaggio
Sulle cose che non pensano.

Ma anche se, brutalmente,
Mi travolgerà,
Si troverà sempre un uomo
Che cammini davanti a lui
Pieno di pensieri,
Le mani dietro la schiena.

Come me ora
Davanti al mostro nero
Che si avvicina a velocità spaventosa
E che non mi raggiungerà
Mai.

(Poemi, 1965)

 

Drumul

Gânditor şi cu mâinile la spate
Merg pe calea ferată,
Drumul cel mai drept
Cu putinţă.

Din spatele meu, cu viteză,
Vine un tren
Care n-a auzit nimic despre mine.

Acest tren – martor mi-e Zenon bătrânul –
Nu mă va ajunge niciodată,
Pentru că eu mereu voi avea un avans
Faţă de lucrurile care nu gândesc.

Sau chiar dacă brutal
Va trece peste mine,
Întotdeauna se va găsi un om
Care să meargă în faţa lui
Plin de gânduri
Şi cu mâinile la spate.

Ca mine acum
În faţa monstrului negru
Care se apropie cu o viteza înspăimântătoare,
Şi care nu mă va ajunge
Niciodată.

 

Atavismo

Guardare dalla finestra è diventato un tic,
Tutti guardano dalla finestra.
Leggono, lavano, amano, muoiono,
E di tanto in tanto fanno una capatina
E guardano dalla finestra.

Che cosa volete vedere?
Chi guardate?
Datevi pace, chi doveva venire è venuto,
Chi doveva partire è partito,
Ciò che doveva passare davanti a voi è passato.

Abbassate le tende,
Chiudete le imposte
E misuratevi un’altra volta la pressione.

Dopo aver visto tutto – piogge, guerre,
Sole, talpe, avvenimenti,
Che si ripetono uguali,
Non credo che l’umanità desideri sul serio
Vedere altre cose.
Eppure è lì, incollata alle finestre,
Con dentro gli occhi un vuoto.

(La morte dell’orologio, 1966)

 

Atavism

Uitatul pe fereastră a devenit un tic,
Toată lumea se uită pe fereastră.
Citeşte, spală, iubeşte, moare
Şi din când în când dă fuga
Şi se uită pe fereastră.

Ce vreţi să vedeţi?
După cine priviţi?
Luaţi-vă gândul, cine a fost de venit a venit,
Cine a fost de plecat a plecat,
Ce a fost de trecut prin dreptul vostru a trecut.

Lăsaţi perdelele,
Trageţi obloanele
Şi mai luaţi-vă o dată tensiunea.

După ce a văzut totul – ploi, războaie,
Soare, cârtiţe, evenimente,
Repetate mereu aidoma,
Omenirea nu cred că mai doreşte serios
Să mai vadă ceva.
Totuşi uite-o lipită de ferestre,
În ochi cu un gol.

 

Atlantide

Chi ha costruito il mondo
Su una terra che cede?

Ieri sera la luna era sopra di te,
Ora è sopra la sua vita.
Sei sprofondato un altro po’.

Ieri sera portavi il cielo sul capo
Come un vassoio
Di miracoli,
Ora si libra più in alto.

Fate in fretta i bagagli,
Salite sui tetti delle case,
Fate salire le case in soffitta,
Portate il bestiame, le provviste e i sentimenti in cima alle montagne,
So volete continuare ad avere bestiame, provviste – e sentimenti,

E spostate le montagne
Sul masso della cima,
Se è possibile.

(La giovinezza di Don Chisciotte, 1968)


Traduzione di George Popescu
(n. 1, gennaio 2016, anno VI)