«A Est del Nordest». Un giornalista italiano in viaggio in Romania

Da quando il vento della libertà ha travolto i paesi comunisti, ormai sono più di vent’anni, la nostra vita di beati occidentali capitalisti è cambiata in forme e modi impensabili al tempo in cui esisteva il Muro di Berlino.
Chi l’avrebbe mai detto di poter vedere sfrecciare sulle nostre strade camion e auto targate Estonia, Moldavia, Lituania, Ucraina. Ma anche Romania o Bulgaria?
Questo sconvolgimento politico, sociale ed economico ci ha obbligato a guardare dentro di noi e fuori di noi con occhi diversi. Abbiamo fatto «scoperte» straordinarie, abbiamo dovuto imparare che esistono storie antiche, che mai avevamo sospettato esistessero. E così si è allargato in noi il piacere della scoperta di paesi che nelle nostre mappe geografiche potevano essere indicati con la scritta latina Hic sunt leones.

Il giornalista Maurizio Crema ha pubblicato nel 2011 un libro, una specie di diario di bordo, dedicato in particolare alla Romania, alla Moldavia e perfino, negli ultimi tre capitoli, alla Transnistria. Il titolo A Est del Nordest si spiega con il fatto che il nostro Nordest (Veneto e Friuli), sia per motivi geografici sia per motivi storici ed economici, è diventato la meta preferita di romeni e moldavi in cerca di una vita migliore, in fuga dalle macerie del socialismo reale.
Crema intraprende il suo viaggio in auto, una vecchia Mazda decapottabile, da solo, lanciandosi, temerariamente, nelle fauci di doganieri croati, serbi, romeni e moldavi, in un crescendo di sospetti e minacce che avrebbero scoraggiato, da subito, qualsiasi persona di buon senso. Ma il nostro Maurizio, spinto da una curiosità incontenibile, pur tra mille dubbi e pentimenti, non ha mollato. Il nuovo Ulisse si tuffa, non contento delle varie disavventure, perfino nel folle volo oltre il fiume Nistru, quello che ucraini e russi chiamano Dnestr.

Il suo viaggio si svolge tra persone e luoghi. Cerca soprattutto le persone e, anche se non parla la loro lingua, riesce a capire e farsi capire. Tra l’altro in Romania e in Moldavia non è difficile trovare qualcuno che parla l’italiano: bene o male alcuni milioni di romeni sono passati per l’Italia e la loro capacità di apprendere le lingue straniere è direttamente proporzionale alla voglia di uscire dall’isolamento che li aveva costretti una delle dittature comuniste più retrograde e feroci del mondo. Chissà perché Ceauşescu aveva trovato intense affinità elettive con il dittatore nordcoreano Kim Il-sung? E il desiderio di conoscere dei romeni si manifesta anche nei loro talenti informatici: sono i più bravi hackers del mondo.
Gli incontri dell’autore sono insoliti e curiosi: il kurdo che fa maschere di carnevale per i negozi veneziani, un mestiere regolarmente imparato a Venezia durante il suo esilio, e che è così bravo da diventare maestro itinerante tra Scutari e Iaşi, perché anche la maschera di cartapesta è globalizzata, ma le sue almeno non sono cinesi!

Varcate le Porte di Ferro c’è finalmente la Romania e naturalmente chi si incontra per primi? «I rom!». È inevitabile. Sono veramente tanti. Quando andavo a Bucarest, tra il 1968 e il 1975, erano ovunque. Spesso facevano lavori umili (spazzini, stradini), ma più sovente bighellonavano. Si diceva che avessero tutti una casa, il nomadismo era vietato, ma erano sempre in giro. Durante le festività natalizie, che ufficialmente non esistevano, i bambini rom, che a quel tempo venivano chiamati țigani, salivano sui tram e cantavano una colinda che faceva: «Ascultați creştinilor / tineri şi bătrânilor. / Ascultaţi şi luaţi aminte / ale Domnului cuvinte: / „În grădina raiului / stă Adam cu Eva lui”». [Ascoltate, o cristiani, giovani e vecchi. Ascoltate e tenete a mente, le parole del Signore. Nel giardino del Paradiso, stava Adamo con la sua Eva] e poi smettevano di colpo e passavano a chiedere l’offerta dicendo «La mulţi ani» [Tanti auguri]. Saranno anche stati fastidiosi, ma almeno ricordavano a tutti che era Natale! Per inciso non ho mai saputo come continuava la colinda.
Il viaggio prosegue, evitando la capitale, ma calandosi in un incubo chiamato Craiova. Ogni persona incontrata ha la sua storia italiana da raccontare. Storie di illusioni e disillusioni, di piccole fortune e di altrettante sfortune. C’è il «rivoluzionario» che racconta la rivoluzione del dicembre 1989 in maniera del tutto fantasiosa. Secondo lui la rivolta fu guidata da 2000 agenti del KGB arrivati 15 giorni prima, con visto turistico, a piazzare segretamente altoparlanti nella piazza antistante la sede del Comitato Centrale del PCR, per far sentire le urla di protesta al massimo volume, durante l’ultimo fatale comizio del Conducător. C’è un vero matrimonio rom. E poi ancora delle «cartoline» come le chiama Crema, sugli ungheresi di Transilvania e le loro aspirazioni di far parte di una Grande Ungheria fondate su false basi storiche; sui monasteri della Bucovina e della Moldavia (un contentino ai turisti ci voleva); su Timişoara e il Banato, «l’ottava provincia veneta»; sull’attività del signor Geox; sul delta del Danubio (altro omaggio al turismo).

Si passa poi il fiume Prut che purtroppo oggi segna un confine che divide il popolo romeno in due stati: Repubblica Moldova e Romania, un orrore storico che già il buon Karl Marx aveva duramente condannato nei suoi scritti, naturalmente censurati dall’opera omnia in lingua russa, descrivendo i russi zaristi come feroci colonialisti. Il vero nome storico della Moldova è Bessarabia e tale anche oggi bisognerebbe che apparisse sui documenti diplomatici e sulle carte geografiche. A Bucarest si possono vedere molte scritte «Basarabia e România» e, a parte il vandalismo graffitaro, non me la sento di condannarle come espressioni revansciste o nazionaliste. In questo caso dicono la verità. È giusto perfino che si pretenda che il nome ufficiale dello stato sia Moldova, perché Moldavia suona troppo russo agli orecchi dei buoni bessarabi.

Maurizio Crema continua imperterrito il suo viaggio. La Bessarabia è tutta da scoprire. I russi sovietici l’hanno massacrata e umiliata, L’hanno sfruttata senza pietà: hanno depredato i suoi ottimi prodotti agricoli e, godendo di un clima migliore della Russia, era diventata il buen retiro degli ufficiali russi in pensione. Perfino la Chiesa Ortodossa non è autocefala, ma dipendente da Mosca. La Moldova oggi è il paese europeo più povero e nel mondo si contende l’ultimo posto con il Burkina Faso.

E arriviamo dunque in Moldova, la terra del vino. A Mileştii Mici c’è forse la più grande cantina del mondo, considerata il Fort Knox dei moldavi. E anche qui incontri: il prete d’assalto veneto che crea un centro Don Bosco a Chişinău, per dare una speranza agli innumerevoli ragazzi di strada (le madri, le donne, sono tutte in Italia a fare le badanti); gli industriali veneti, che abbandonata la Romania, troppo cara, cercano il loro Far West (anzi Far East) in Bessarabia, comportandosi ancora una volta da colonialisti; il barone degli zingari, cioè quei rom immortalati dal grande regista moldavo Emil Loteanu nel film Lăutarii; la struggente liturgia ortodossa del Sabato Santo in un monastero femminile.

Gli ultimi tre capitoli sono dedicati alla Transnistria, il Paese che non c’è, dove Peter Pan era, fino a dicembre 2011,  un losco mafioso russo, Igor Smirnov, trafficante d’armi e di droga, riciclatore di denaro sporco, che si era autoproclamato presidente della Repubblica Moldava Nistriana, supportata ufficiosamente dai russi e, ufficialmente, senza alcun riconoscimento internazionale, a parte quello dei non-stati Ossezia del Sud e Abkhazia. Dalla fine del 2011 la Transnistria ha dunque un nuovo presidente, Evgeni Ševčuk, che ha spodestato, dopo quattro mandati, con elezioni apparentemente regolari, il vecchio Smirnov. Non possiamo sapere come potranno cambiare le cose, ma in ogni caso una soluzione pacifica con la Moldova non sembra vicina perché il neoeletto è deciso a mantenere stretti e amichevoli rapporti con la Russia. Intanto leggiamo, con il gelo nel cuore, come è stata la vita di 500.000 nostri fratelli europei sotto una dittatura mafiosa di un vero Ubu Roi, una fantasia letteraria diventata una tragica realtà.


A Est del Nordest. In spider alla conquista della Romania e altri racconti
, Ediciclo Editore, 2011.
Il libro verrà presentato alla Fiera del Libro di Torino il 13 maggio 2012 alle ore 12,00 alla presenza dell’Autore e  del Prof. Roberto Scagno, docente di Lingua e Letteratura Romena all’Università di Padova.

Maurizio Crema, nato a Verona, vive a Venezia. Giornalista professionista de Il Gazzettino, ha collaborato anche con «La Repubblica» e il suo inserto «D», «Il Manifesto», «Diario» e «East». Ha all’attivo reportage dai Balcani, Romania, Republica Moldova, India, Cina, Sud America. Con Ediciclo ha pubblicato: Viaggio ai confini dell’Occidente. In moto sulle strade dell’Albania (2005) e Sulle ali del leone. A vela da Venezia a Corfù navigando lungo le rotte della Serenissima (2007)


Achille Tramarin
(n. 5, maggio 2012, anno II)