Panait Istrati, un libro per conoscerlo

Nato a Brăila il 10 agosto 1884, Panait Istrati pubblicato a Parigi nel 1924 il suo Chira Chiralina nella collezione «Prosateurs français contemporains», registrando un successo impressionante, a seguito del quale entra pienamente a fare parte della letteratura francese, mentre nel paese natale si registrano soprattutto reazioni negative, risultato dell’effetto sorpresa di questa apparizione di uno sconosciuto nel panorama delle lettere francesi. Panait Istrati è stato poco accettato dai grandi nomi della cultura romena cui la sua opera è debitrice. Poco amante della scuola, ma irrimediabilmente innamorato dalla letteratura e dei viaggi, Istrati è anche un giornalista impegnato che collaborerà con diversi giornali romeni e stranieri (svizzeri e francesi in particolare) come ad esempio «România Muncitoare» (La Romania Lavoratrice), «Dimineața» (Il Mattino), «Adevărul» (La Verità), «Facla» (La Torcia), mentre ad esempio in Svizzera e Francia i suoi articoli vengono pubblicati in «La Feuille», «L’Humanité», «Paris-Soir», «Le Quotidien», «Europe», «Les Nouvelles Littéraires», «La Nouvelle Revue Française», «Clarté», «Monde», «La Voix».
Voce inconfondibile, sia nella produzione pubblicistica che nell’essenza della sua letteratura, Istrati si mostrerà un aspro nemico dell’ingiustizia sociale. La diversità delle tematiche dei suoi articoli viene rafforzata dalla solidità delle sue convinzioni, della sua fede nel futuro di una umanità migliore, priva di egoismo e sfruttamento. Sono idee che caratterizzano il percorso istratiano che lo ha visto inizialmente vicino al comunismo, tanto da figurare tra gli ospiti ufficiali invitati al decennale della Rivoluzione a Mosca. In seguito, le sue posizioni hanno subito un’evoluzione che lo ha portato ad allontanarsi dal movimento socialista internazionale, criticando apertamente lo stalinismo – è stato tra i primissimi a svelare la realtà dell’Unione Sovietica alla fine degli anni Venti – e che fa di Istrati uno dei pochi intellettuali a mettere in discussione il sistema totalitario bolscevico con i suoi crimini, i processi farsa, i lavori forzati o la privazione della libertà in qualsiasi forma. Un atteggiamento coraggioso che lo porterà a confrontarsi con le varie intimidazioni e la campagna diffamatoria messa in moto dalla propaganda comunista che non riuscirà a distruggere completamente l’eredità di un autore che subisce, negli ultimi anni di vita, il peso della calunnia e dell’oblio.

Il 16 aprile 2015 sono ricorsi ottanta anni dalla morte di Panait Istrati: l'evento è stato ricordato attraverso la pubblicazione del volume bilingue di Elena Lavinia Dumitru, De vorbă cu Panait Istrati / Parlando con Panait Istrati, incentrato sulla figura istratiana nel contesto del giornalismo romeno del periodo tra le due guerre mondiali e che porta all’attenzione del lettore, attraverso la traduzione in italiano, una selezione di interviste e articoli apparsi nella stampa romena, aventi in comune un profondo significato autobiografico. Tali aspetti della biografia di Istrati non appaiono isolati, ma integrati nella sostanza stessa degli eventi rilevanti, nel più ampio contesto sociale, politico e culturale della Romania e del resto del mondo. Un mondo che viene percepito attraverso la lente di questo autodidatta diventato quasi per miracolo scrittore, attraverso la propria sensibilità che lo fa reagire, il più delle volte in maniera intensa, ai problemi della società. Conosciamo così un Istrati indignato quando si riferisce alla decisione della Romania di partecipare al conflitto globale, alla situazione della Romania durante il governo Brătianu, alle ingiustizie di quello che chiama con tagliente sarcasmo «l’ennesimo Maimuţolini» [1].

In molti degli articoli selezionati Istrati menziona l’Italia per mostrare la disapprovazione nei confronti di Mussolini, per parlare dei perseguitati, vittime dei fascisti che dopo le elezioni nel 1924 si avviavano verso una piena dittatura, per evocare quando è stato arrestato a Trieste nel 1930 o per richiamare importanti critici letterari che hanno considerato il suo caso in Francia simile a quello di Joseph Conrad in Inghilterra.

Il volume che segnaliamo, pubblicato dalla casa editrice Aracne nella collezione Danubiana philologica, rappresenta anche il risultato della ricerca attinente l’attività pubblicistica di Panait Istrati nel quadro della borsa «Univers» offerta dall’Istituto Culturale Romeno ai traduttori professionisti. Come emerge dal titolo, De vorbă cu Panait Istrati / Parlando con Panait Istrati corrisponde proprio all’idea, al desiderio di dare vita a un dialogo con lo scrittore romeno-francese-greco, dandogli la possibilità di «presentarsi» al lettore italiano attraverso i propri pensieri, le proprie esperienze, le proprie confessioni. Tali preziose testimonianze sono rappresentate in effetti dalle interviste e dagli articoli dell’autore pubblicati nella stampa romena interbellica, coprendo un intervallo temporale che inizia nei primi anni Venti e prosegue per circa un decennio. Inoltre, abbiamo scelto di inserire un articolo pubblicato postumo (scritto inizialmente in francese e tradotto in romeno da Alexandru Talex) proprio perché può rivestire il ruolo di conclusione, di bilancio dell’esistenza istratiana, sotto il segno del destino personale e, nello stesso tempo, della scrittura. Un materiale bilingue quindi – con potenziale utilità anche in ambito didattico – che riunisce aspetti meno noti della produzione giornalistica istratiana, un contenuto inedito in lingua italiana, in grado di rispondere al desiderio dei lettori di scoprire un personaggio controverso ma significativo nel paesaggio culturale e socio-politico dell’Europa fra i due conflitti mondiali.

Strutturato in tre parti fondamentali – con prefazione di Giovanna Motta e postfazione di Cornel Sigmirean – il libro concentra nel capitolo Panait Istrati: un personaggio da scoprire gli aspetti essenziali dell’argomento e la specificità di un’esperienza di vita. I capitoli seguenti – Una voce singolare: Istrati nelle interviste e Una scrittura accattivante: Istrati pubblicista – portano in primo piano alcune delle interviste fatte a Istrati in momenti importanti della sua esistenza, nonché articoli firmati dallo stesso autore in giornali e riviste del paese di origine. Per la presente edizione abbiamo optato per materiali pubblicati esclusivamente sulla stampa romena, utilizzando i testi originali apparsi nei vari giornali e allegando le copie degli stessi articoli, per «avvicinare» metaforicamente e concretamente il lettore italiano alla stampa romena, alla quale il nome di Panait Istrati rimane strettamente legato.

Per quanto riguarda la sostanza, si tratta di contenuti dal forte carattere autobiografico che non escludono però riferimenti talvolta gravi, talvolta pieni di caratteristica ironia che riguardano spesso l’Italia, la Francia, la Svizzera o l’Unione Sovietica e che, più in generale, si riferiscono a eventi critici che hanno segnato la sorte del paese natale e dell’intera umanità: la prima guerra mondiale, il richiamo del potere e gli errori dei diversi sistemi politici, lo scontro fra culture e mentalità, il degrado continuo delle società. Insomma, temi scottanti e sorprendentemente attuali che un «incontro» con il pubblico riporta al centro del dibattito e dell’interesse generale, come dimostrato anche in occasione della presentazione del volume nel 2016 presso l’Istituto Culturale Romeno di Bucarest, nel quadro del Salone Internazionale del Libro di Torino, nonché in un progetto futuro presso l’Accademia di Romania in Roma. La cultura romena in Italia, attraverso la figura di Panait Istrati, vero e proprio cittadino del mondo, acquisisce in questo modo nuovi significati. In occasione del Centenario della Grande Guerra e a ottant’anni dalla morte dello scrittore-giornalista, la forza indiscutibile della storia si unisce alla vitalità della scrittura nel tentativo di dare un senso, di fornire vecchie e nuove interpretazioni sul divenire stesso dell’umanità. Istrati si dimostra un appassionato difensore dei valori autentici dell’esistenza umana, anche se questo significa andare contro corrente, mettendo sempre in luce la verità e la libertà, macchine motrici che lo hanno sempre spinto ad agire come «una grande coscienza letteraria di fronte ai problemi del suo tempo»[2]. La selezione delle interviste e degli articoli porta il lettore attraverso la vasta storia dell’esperienza istratiana. La letteratura e la vita si intrecciano in un’esposizione accattivante, che crea il ritratto di un personaggio che sembra una fonte inesauribile di ispirazione, con una vita controversa, ma innegabilmente esemplificativa a livello non solo nazionale, ma anche internazionale. Grande umanità, ma anche sincerità e impulsiva audacia emergono sempre dalle stesse parole di Istrati:

«Mi sono immischiato negli affari del mondo, discutendo con i miei amici le idee e i problemi del nostro tempo. Prima sono stato rimproverato teneramente, poi, poiché mi intestardivo, mi hanno gridato “Calzolaio, concentrati solo sui tuoi stivali!” Allora mi sono arrabbiato. Forse non si ricordavano che Adrian Zografi era sempre stato più un ribelle che un narratore? Non avevano dimenticato, ovviamente, ma volevano che la mia rivolta fosse disciplinata. Quello che mi ha fatto arrabbiare ancora di più. Abbiamo litigato. Al ritorno dalla Russia ho rotto con i miei più grandi amici.
E mentre l’Egitto mi fermava ai suoi confini e l’Italia mi buttava in prigione a Trieste, i benevoli pastori comunisti piagnucolavano la mia rinuncia all’Europa lavoratrice, alla mia classe: “agente della Siguranța romena, “venduto alla borghesia”. Hanno fatto tutto il possibile in mezzo a un silenzio che mi ha fatto capire quanto solo sia l’essere umano sulla terra.
Vanità delle vanità...»[3]

Nonostante la situazione drammatica, nonostante la mancanza di prospettiva, Istrati, così come il suo alter ego Adrian Zografi, continua a essere lo stesso perseverante idealista che dichiara:
«Tuttavia, non posso morire!
La parte più seria e onesta del mio lavoro è ancora nella mia pancia. Io non sono nato per allietare la gente, ma per educarla fraternamente perché l’esperienza della mia vita è una delle più generose. Non venite a dirmi che la gente non vuole essere istruita. Lo vuole, ma attraverso la forza dell’esempio.
Perché siamo così sensibili al trionfo del bene sul male? Perché ci rende felici la sconfitta del male?
Perché siamo nati buoni.
Ma questo trionfo e questa sconfitta non devono essere mostrati alla gente solo nei romanzi, al teatro o al cinema, ma devono essere dimostrati anche nella vita. Ecco cosa non si fa quasi per niente.
E, naturalmente, per i seguenti due motivi: in primo luogo, perché anche se l’essere umano è nato buono, è anche una creatura orgogliosa, secca ed egoista; e poi perché è molto difficile essere generosi nella vita, mentre la maggior parte della gente fa piuttosto il contrario.
Ebbene! Tutta la mia vita – che è una delle più miserabili – la mia unica preoccupazione è stata quella di superare il peso di cui parlavo sopra – vale a dire essere una persona generosa. Sì! Oggi, quando la mia vita è in balia del più leggero raffreddore, posso urlare verso tutti: frugate fra i miei fatti, inventate qualsiasi cosa, ma non potrete mai trovare neanche il minimo soffio dell’egoismo che rovina l’umanità di oggi, l’egoismo atroce che rende un essere umano insensibile al male del prossimo.
Questo è tutto il mio Adrian Zografi.
Adrian proverà a tutti con l’esempio della sua vita che non è necessariamente necessario avere un’anima stoica o virtuosa per poter vivere ed essere generosi. In realtà è una cosa molto semplice, perché la generosità porta più soddisfazione che l’egoismo.
La vita non è bella solo quando sei lontano dalle miserie in mezzo alla sofferenza universale, o quando si vive in una bella villa circondata da belle donne, amici adulatori e bei cani – cioè come vive la maggior parte degli artisti e dei lupi moralisti del nostro secolo apocalittico.
La vita può essere altrettanto bella anche quando si muore su un letto di tavole, senza rimpianti, con la coscienza libera da tutte le palle di cannone vergognose della civiltà, anche se si ha avuto la possibilità e anche il desiderio a volte di fare ciò che fanno tutti.
L’umanità può vivere senza strade, senza elettricità e anche senza igiene – muore però se non ha anime di eroi».[4]

 

Elena Lavinia Dumitru
(n. 7-8, luglio-agosto 2016, anno VI)


NOTE

1. Gioco di parole ironico che consiste nel mischiare le parole maimuță (scimmia) e Mussolini.
2. M. Iorgulescu, Celălalt Istrati, Editura Polirom, Iaşi 2004, p. 166.
3. Si tratta di Prefazione di Adrian Zografi. O confessioni di uno scrittore del nostro tempo. Questa versione della prefazione è stata pubblicata postuma, nella traduzione di Alexandru Talex, in «Cruciada Românismului», il 13 giugno 1935. Cfr. E.L. Dumitru, De vorbă cu Panait Istrati / Parlando con Panait Istrati, Aracne  2015, p. 195.
4. Cfr. E.L. Dumitru, op. cit., pp. 201-203.