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    Omaggio a Italo Svevo a  150 anni dalla nascita. Un libro di Giampiero Mughini 
       
     
           Nel 150º anniversario della nascita del grande  scrittore triestino Italo Svevo, il giornalista e scrittore Giampiero Mughini  ha dedicato un saggio a Trieste e al suo illustre scrittore: In una città atta agli eroi  e ai suicidi –  Trieste e il caso Svevo (Bompiani, 2011). Elena Bizjak Vinci ce ne  offre una recensione, segnalando tra l'altro come il volume renda omaggio ad  una città «profondamente diversa dalle altre città italiane», come la definiva  Eugenio Montale, «tipica per problemi suoi e soltanto suoi». Ed è stato proprio  Italo Svevo con i suoi romanzi e racconti il cicerone d’eccezione che ha  accompagnato Mughini attraverso vie e piazze e gli ha presentato i suoi  personaggi «senza celarne il bene ed il male, l’ambiguità e il candore, la  forza e la debolezza» (Elena Bizjak Vinci). 
         
         
     
     
    Da Montale ai giorni nostri  
         
        “A  Trieste vi odiate ancora così tanto?”. Questa domanda inquietante nella sua  sfrontata ingenuità si dice venisse rivolta dal poeta Eugenio Montale ai  triestini con i quali gli capitava di imbattersi ed è suggestivo immaginare che  l’avesse rivolta anche ad Italo Svevo in occasione di un loro  incontro.  Montale infatti per uno dei casi fortuiti della vita ebbe il privilegio di  divenire – nonostante la significativa differenza d’età – amico dello scrittore  triestino, del quale fu anche grande estimatore, ed in questa sua qualità ebbe  modo di visitare con una certa frequenza la città di Trieste.  
      La  realtà di una città così avulsa dal resto d’Italia probabilmente aveva  intrigato particolarmente il poeta tanto da carpirne quell’atmosfera  difficilmente esprimibile che evidentemente lo aveva molto colpito suggerendogli  quella curiosa domanda la quale invero suona come un’inappellabile  constatazione. Si ignora se a questa domanda sia seguita una risposta, ma è  evidente che il Montale era riuscito a cogliere – e sintetizzare in poche  parole – le innumerevoli contraddizioni e le asperità di una città che non  somiglia a nessun’altra. 
       
       
      Trieste, un luogo dell’anima. Sulle tracce di Italo Svevo  
       
      Dall’indefinito e complesso coacervo che Trieste  riassume in sé è rimasto affascinato e coinvolto lo scrittore e giornalista  Giampiero Mughini il quale nella sua ultima opera In una città atta agli eroi  e ai suicidi – Trieste e il caso Svevo,  2011, Bompiani, rende omaggio ad una città che, come egli stesso afferma,  conosce concretamente poco, ma, come spesso accade a coloro che amano e  soprattutto “sanno”  leggere è divenuta pagina dopo pagina un luogo  dell’anima. 
      È  stato proprio Italo Svevo con i suoi romanzi e racconti il suo cicerone  d’eccezione che lo ha accompagnato attraverso vie e piazze sino alla vertigine  del mare per poi risalire sino alle colline per ammirare un panorama mozzafiato  e gli ha presentato i suoi personaggi senza celarne il bene ed il male,  l’ambiguità e il candore, la forza e la debolezza.  
      Con  uno stile asciutto e diretto Mughini affronta un viaggio indubbiamente arduo  perché nonostante il filo conduttore del libro sia rappresentato dal percorso  umano e artistico di Italo Svevo, l’autore sente la necessità di ampliare il  suo lavoro con mirate digressioni attraverso le quali traccia brevemente, ma in  modo incisivo e a volte quasi tagliente, una storia che troppo spesso ha visto  Trieste contesa e dilaniata. Il discorso storico riferito a Trieste assume –  ancora e forse per sempre – i contorni di una ferita che non riesce o non vuole  chiudersi.  
      Intorno  a Ettore Schmitz alias Italo Svevo ruotano numerose figure: da quelle dei  familiari a quelle di giovani che per ideali hanno diversamente sacrificato la  loro vita, da quelle delle donne che hanno ispirato i suoi romanzi a quelle  degli scrittori che ha conosciuto e quelli che sono venuti dopo. 
       
       
      Eroi e suicidi: un accostamento azzardato e  una sfida 
       
      È quello di Giampiero Mughini un libro “ricco” in cui non si spreca pagina  alcuna poiché ogni pagina è necessaria alla successiva. Nomi, citazioni,  titoli, vicende, giornali si susseguono infatti dalla prima all’ultima riga in  una dinamica amalgama che reinventa il concetto spazio-tempo. Mughini dirige la  sua scrittura con maestria fuggendo da sovrastrutture linguistiche e  autocompiacimenti vari, rendendo la lettura scorrevole pur trattandosi di un  testo impegnativo. Non riesce però trattenere entusiasmo e passione   quando  è “obbligato” ad  inoltrarsi nel campo del collezionismo come  non può soffocare una certa emozione nel momento in cui accompagna Italo Svevo  verso il suo momento finale. 
      Eroi  e suicidi accumunati da un unico denominatore, la città di Trieste, un  accostamento spinoso, azzardato, ma è questa la sfida dell’ultimo libro di  Giampiero Mughini, un’opera ispirata ed onesta che pone la figura di Italo Svevo  tra gli eroi, tra i “guerrieri nobili”, tra coloro che combattono. E quale  battaglia è più dura di quella della vita? 
    L’impiegato  Ettore Schmitz spese tutta la sua esistenza e qualcosa di più per divenire ciò  che anelava, lo scrittore Italo Svevo, soffrì e lottò anche contro se stesso e  alla luce della sua esperienza forse avrebbe fatto sue le parole di Roger  Martin Du Gard: “La letteratura fatela, se volete; ma per amor di Dio, non  parlatene…. In ogni caso, non parlatene mai prima di averne fatta e di averne  fatta della buona e a lungo…”.   
     
        Elena Bizjak Vinci 
        (n. 1, dicembre 2011, anno I)
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