Aspetti della spiritualità ortodossa romena ai Convegni ecumenici di Bose

«Per “movimento ecumenico” si intendono le attività e le iniziative suscitate e ordinate a promuovere l'unità dei cristiani, secondo le varie necessità della Chiesa e secondo le circostanze». È uno dei passaggi chiave in apertura al decreto sull’ecumenismo Unitatis Redintegratio frutto del cammino maturato all’interno del Concilio Vaticano II. Proprio alla base della convocazione a Roma di numerosi rappresentanti da tutto il mondo delle confessioni religiose, iniziata da Papa Giovanni XXIII e conclusa da Paolo VI, vi era il tema del con-venire, ovvero, del venire insieme in un luogo di ascolto reciproco e di amicizia, uno spazio di simpatia necessaria per superare i pregiudizi e intraprendere un cammino serio di conoscenza dell’altro.
L’anima della comunità monastica di Bose, che vive di lavoro e preghiera, è prettamente ecumenica, e da oltre vent’anni consolida questo suo tratto identitario con un convegno ecumenico internazionale dedicato ogni anno alla spiritualità ortodossa. Il fine di questo convenire ha una dimensione ecumenica precisa, ma riveste anche una dimensione di dialogo con l’umanità contemporanea.
La casa editrice Qiqajon, nata all’interno di questa comunità, ha pubblicato gli Atti di due Convegni ecumenici tenuti a Bose. Entrambi i volumi contengono due significativi contributi – seppur su temi diversi, ma convergenti tra loro – relativi alla Chiesa ortodossa romena. Il primo volume raccoglie le relazioni del XVIII Convegno ecumenico svoltosi a Bose nel 2010 sul tema Comunione e solitudine (cfr. Sabino Chialà, Lisa Cremaschi, Adalberto Mainardi [a cura di], Comunione e solitudine, Atti del XVIII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa 8-11 settembre 2010, Ed. Qiqajon, Bose 2011, pp. 375, € 28,00), il secondo ha come tema tema La parola di Dio nella vita spirituale (cfr. Sabino Chialà, Lisa Cremaschi, Adalberto Mainardi [a cura di], La Parola di Dio nella vita spirituale, Atti del XIX Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa 7-10 settembre 2011, Ed. Qiqajon, Bose 2012, pp. 419, € 35,00). Vediamone i tratti pià significativi.

Abitare la solitudine: padre Cleopa di Sihăstria (1912-1998)

Al rapporto comunità e solitudine è dedicata, nel primo dei due volumi citati, la relazione di Serafim Joantă, Metropolita di Germania della Chiesa ortodossa romena che si sofferam in particolare sulla figura di padre Cleopa di Sihăstria (1912-1998) e sulla sua esperienza di comunione nel "deserto romeno".
Padre Cleopa è uno dei più grandi spirituali romeni del XX secolo, molto influente sul monachesimo e sulla chiesa ortodossa di Romania in generale. Padre Cleopa è uno degli ultimi grandi rappresentanti della tradizione esicasta in Romania rinnovata dallo starec (anziano) Paisij Veličkovskij del monastero di Neamţ, in Moldavia. «Io sono uno dei suoi numerosi discepoli – scrive il Metropolita Joantă. È ancora presente, nel ricordo della sua persona carismatica e soprattutto attraverso i suoi scritti spirituali, nella vita di moltissimi monaci e fedeli della Romania, ma è noto anche oltre le frontiere di questo paese perché alcuni suoi scritti sono stati tradotti in diverse lingue».
Nato il 10 aprile 1912, quinto di dieci figli, ricevette il nome di Costantino. I suoi genitori, Alessandro e Anna, erano una famiglia contadina, profondamente cristiana, vivevano nel nord della Moldavia, nel comune di Sulitza, del dipartimento di Botoşani. Dopo la morte del padre, Alessandro, sua madre Anna divenne anch’essa monaca nel monastero di Agapia ricevendo il nome di Agafia. Dopo vent’anni di vita monastica mori nel 1968 all’età di novantadue anni. All’età di quattordici anni Costantino intraprende la via della vita monastica. Nel 1929 entra nella skiti (modello di vita monastica) di Sihăstria. Dopo otto anni di noviziato, fratel Costantino è tonsurato monaco ricevendo il nome di Cleopa. Sarà ordinato sacerdote nel 1945. Due anni dopo, nel 1947, la Romania cominciava una nuova tappa della sua storia.
«A motivo della dittatura e con essa della persecuzione religiosa – scrive Serafim Joantă – il re dovette abdicare. Bersaglio della persecuzione erano i preti e i monaci missionari che avevano un’influenza spirituale sui fedeli. Padre Cleopa fu tra i primi presi di mira».

La persecuzione in Romania è il fil rouge che determina e rafforza il rapporto tra comunione e solitudine nella vita di padre Cleopa. In ripetute occasioni fu costretto a prendere la via del deserto, ritirandosi in luoghi nascosti, lontano dai fedeli e dalla predicazione. Nel tempo dell’esilio forzato mantenne, tuttavia, un legame con alcuni monaci tra i quali padre Ioanichie Bălan, futuro storiografo del monachesimo romeno. «Comunione e solitudine – evidenzia il Metropolita Joantă – sono due dimensioni costanti nella vita di padre Cleopa. Fu un uomo di comunione con la sua vita e la sua missione nei monasteri di Sihăstria, di Slatina e altri, e fu uomo di solitudine per la sua vita personale di preghiera in cella (quattro ore al giorno), regola che rispettava rigorosamente, così come pure la sua vita da eremita durante otto anni. La sua vita di solitudine e di comunione ha plasmato la sua personalità carismatica. Padre Cleopa non consigliò a nessuno di ritirarsi nel deserto perché la vita solitaria è molto più difficile della vita in comunità e comporta un maggior numero di pericoli». Padre Cleopa era un uomo molto realista; ma l’amore era la virtù principale del padre. «Era così misericordioso che a Sihăstria e a Slatina fece introdurre l’uso di dar da mangiare a tutti i fedeli che partecipavano agli uffici. Il padre insisteva che si mettesse tutto a tavola, senza riserve». Riguardo al rapporto tra comunione e solitudine nella vita dei monaci padre Cleopa diceva: «Bisogna custodire tutte e due perché non si escludono. C’è bisogno tuttavia di molta vigilanza e di molta umiltà». Padre Cleopa ricevette nella sua cella monaci, fedeli e vescovi fino all’ultimo giorno della sua vita, l’1 dicembre 1998. Il suo pensiero e la sua vita erano impregnate delle sante Scritture e dei padri della chiesa; in tutto ciò che diceva si ispirava alle Scritture.

La Bibbia nella Chiesa ortodossa romena

La sacra Scrittura è la fonte, il principio e il fondamento della spiritualità ortodossa. La Scrittura rivela Dio e al tempo stesso fa iniziare il cammino che l’uomo intraprende nel suo cuore per cercare e trovare Dio. Non vi può essere nessuna spiritualità e condotta di vita ortodossa autentica che non sia fondata sulla sacra Scrittura e non sia da essa ispirata. Al rapporto tra Bibbia e tradizione spirituale ortodossa è dedicata la relazione di padre Constantin Preda, docente di teologia biblica all’Accademia teologica di Bucarest, intitolata La Bibbia nella tradizione spirituale della chiesa ortodossa romena e pubblicata nel secondo dei volumi sopra citati.
Nella premessa del suo intervento Preda focalizza un punto centrale: «La chiesa ortodossa romena ha conservato, in tutta la sua storia, un legame ininterrotto con l’epoca patristica e la civiltà bizantina. I secoli di occupazione ottomana hanno mostrato irrefutabilmente la perseveranza dei cristiani, la forza della loro fede e il loro coraggio, ma dal punto di vista della conoscenza della sacra Scrittura, degli studi biblici e della ricerca teologica in generale, questo periodo merita di essere ricordato solo per alcuni determinati circoli eruditi, in particolar modo monastici. Nelle terre romene – prosegue lo studioso biblico –, in quella situazione che Nicolae Iorga (ndr. politico e letterato romeno vissuto tra ‘800 e ‘900) definiva ‘Bisanzio dopo Bisanzio’, la ricerca sulla parola di Dio ha mosso i primi passi e si è concentrata in un vivo movimento culturale, grazie ad alcune scuole di alta qualità e a intellettuali che svolsero un’attività prodigiosa, con risultati della massima importanza per la vita ecclesiale e la cultura romene».

Il Nuovo Testamento uscì per la prima volta in romeno nel 1648, con un’introduzione del metropolita di Transilvania Simion Ştefan, che pubblicò anche il Salterio cosiddetto «di Belgrado» (1651); per le edizioni successive, l’intera Bibbia fu stampata a Bucarest (1688), in una lingua di facile comprensione e che contribuì alla maturazione della coscienza nazionale e alla formazione della lingua letteraria romena. Il libro della parola di Dio, nelle chiese ortodosse, ricopre un posto importante, affinché i fedeli possano venerarlo con devozione e umiltà. «Il Vangelo è custodito nell’altare di ogni chiesa – prosegue Constantin Preda – avvolto in preziosi paramenti. Ogni domenica, dopo la proclamazione del vangelo al mattutino, l’evangelario è preso dall’altare ed esposto al centro della chiesa per essere baciato dal clero e dai fedeli in segno di venerazione, perché associato alla presenza reale di Cristo, parola di Dio».
La chiesa ortodossa romena annovera oggi, tra le quattordici facoltà di teologia, un numero considerevole di biblisti con significativi contributi agli studi sulla santa Scrittura. «La recente preoccupazione di offrire un’istruzione biblica per gli studenti delle facoltà teologiche e per i preti di parrocchia, ha fatto sì che molti tra di noi – dice Preda –, negli ultimi anni, cercassimo di recuperare l’autentica ermeneutica ortodossa, basata sulla visione della chiesa dei padri d’oriente, adattata tuttavia alle esigenze teologiche e pastorali della vita di una parrocchia moderna».
Nell’ambito della teologia accademica moderna, infine, gli studi biblici in Romania hanno conosciuto un notevole sviluppo, soprattutto dopo la caduta del regime comunista nel 1989: sono stati pubblicati molti libri e studi specialistici, si è diversificata la tematica delle materie bibliche insegnate nelle facoltà di teologia. Degni di essere evidenziati sono i periodici biblici nati in questi anni per approfondire, studiare, diffondere la sacra Scrittura. Tra questi ricordiamo: Sacra Scripta del Centrul de Studii Biblice dell’Università Babeş-Bolyai di Cluj-Napoca, che esce con cadenza semestrale dal 2003; Cercetări Biblice, un periodico di biblistica romena con impatto internazionale, che è di fatto l’annuario dell’Unione biblisti di Romania; e ancora la rivista «Biblicum Jassyense» del centro di studi biblico-filologici Monumenta linguae dacoromanorum dell’Università di Alexandru Ioan Cuza di Iaşi, che esce dal 2010. Unitamente ai periodici e ai centri di ricerca biblica segnaliamo la presenza di associazioni bibliche, in particolare: l’Unione dei biblisti di Romania (Uniunea bibliştilor din România) fondata nel 2005 a Sibiu e l’Associazione di filologia ed ermeneutica biblica di Romania (Asociația de filologie hermeneutică biblică din Romănia) fondata nel 2010 a Iaşi. Grazie a questi molteplici strumenti, alle facoltà di teologia ortodossa di Bucarest, Cluj-Napoca, Sibiu, Iaşi «lo spazio della biblistica romena sviluppa oggi una ricerca biblica seria, cercando di diventare – conclude il teologo Preda – un punto di riferimento scientifico e di competitività per le generazioni future».


Giacomo Ruggeri
(n. 9, settembre 2013, anno III)