La spettacolarizzazione della prosa italiana. Uno studio di Oana Boşca-Mălin

Oana Boşca-Mălin, docente di lingua, civiltà e letteratura italiana presso l’Università di Bucarest, è autrice del libro Spectacularizarea prozei italiene. Tendinţe actuale în raport cu cititorii, lumea editorială şi manifestările celebrative (La spettacolarizzazione della prosa italiana. Tendenze attuali in rapporto ai lettori, al mondo editoriale e alle manifestazioni celebrative), Bucureşti, Editura Universităţii din Bucureşti, 2011, 326 pp. In questo studio dedicato alla spettacolarizzazione della prosa italiana – grazie al quale nel 2012 ha ottenuto il premio di italianistica «Marian Papahagi»  – mette sotto analisi gli attuali meccanismi di promozione della letteratura, i principali filoni narrativi italiani che hanno prevalentemente goduto di successo negli ultimi decenni, nonché il rapporto della nuova  narrativa  con il  pubblico, con il mondo editoriale e con l’evolutivo concetto del canone.
La studiosa ricorre ad una vasta bibliografia, contenente principalmente volumi di storia della letteratura, di sociologia e di teoria della letteratura, studi culturali e lavori di critica letteraria. Inoltre, si avvale nelle sue analisi di metodi critici diversi, specifici dell’estetica della ricezione, della sociologia della letteratura, della critica narratologica, stilistica e psicanalitica. Ne risulta un lavoro con carattere interdisciplinare rivolto tanto agli specialisti in filologia quanto al grande pubblico interessato ai fenomeni letterari contemporanei e al marketing del libro.
Il libro è suddiviso in tre parti: la prima, densamente teorica riporta in auge la tanto dibattuta questione del canone letterario del Novecento italiano; la seconda affronta le trasformazioni avvenute nel mondo editoriale, il consolidamento del pubblico di massa e il tema centrale e fondante dello studio rappresentato dall’analisi del fenomeno del best-seller italiano e delle tecniche del marketing della letteratura; la terza tratta i più fortunati indirizzi della prosa italiana degli ultimi tre decenni.

Editore e lettore: realtà da ridefinire

La ricercatrice opera con concetti e realtà che si trovano in continua trasformazione e che, di conseguenza, necessitano di ridefinizioni.
L’editore rappresenta una tale realtà che nel corso del Novecento italiano ha cambiato ripetutamente la sua tipologia. Dall’editore letterato all’editore manager, vengono individuati, in successione generazionale: gli editori della fine dell’Ottocento e dei primi anni del XX secolo – Croce, Prezzolini, Papini e Gobetti – che considerano e trattano la promozione della letteratura come una vera vocazione missionaria; Ginsburg, Pavese e Vittorini, i tre «operatori culturali» che hanno costruito l’identità della casa editrice Einaudi;  Debenedetti e Calvino definiti come «militanti neo-illuministi», data la loro fiducia nelle future trasformazioni della cultura, destinate a combattere il conservatorismo; Giorgio Bassani etichettato come «il conservatore empatico», il cui principale merito è quello di aver pubblicato (in seguito ai ben conosciuti rifiuti da parte di altre case editrici), Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa; gli «oppositori inventivi» come Leo Longanesi, Indro Montanelli e Luciano Foà che hanno promosso autori che rappresentavano un’alternativa valida alla cultura di sinistra; i cosiddetti «professionisti» rappresentati da Paolo Boringhieri, Giulio Bollati, Guido Davico Bonino, Ernesto Ferrero e Roberto Cerati, la cui più importante attività si concentra negli anni ’70 e ’80 e che rappresentano un tipo di transizione verso l’editore manager; infine, gli editori manager che si conformano alle regole imposte dall’attuale impresa editoriale.
Un’altra realtà in perpetuo mutamento è quella del pubblico dei lettori. In uno sfumato approccio teorico è descritta la graduale transizione dalle categorie astratte, ideali dei lettori, ovvero dal lettore come istanza narrativa a quelle concrete, realmente esistenti. In questo senso sono ridefiniti: il lettore ideale, il pubblico presuntivo, il pubblico potenziale e il pubblico reale. Inoltre, è introdotta una dicotomia fra il pubblico e la comunità di lettori, nozione ripresa da Roger Chartier, che la studiosa ritiene più efficace per illustrare una realtà attualmente sempre più visibile. La comunità ha una sua identità e agisce sulle opere dei vari scrittori imponendo i propri criteri di letterarietà. Secondo l’autrice, questa specificità ci offre la differenza sostanziale fra la categoria del pubblico, massa amorfa che reagisce agli stimoli dello scrittore e dell’editore e compra un dato libro (trasformandolo a volte in best-seller) e la categoria della comunità di lettori che agisce attraverso la manifestazione della propria identità e apprezza un dato libro in base ai propri criteri di valore. Il ruolo degli editori è fondamentale nella creazione delle comunità di lettori, che potrebbero diventare nella promozione di un libro una «forza di manovra» a differenza del pubblico che costituirebbe solo una «massa di manovra».
La studiosa si avvale delle tesi di Vittorio Spinazzola, del volume La modernità letteraria, sulla gerarchizzazione dei lettori e dei tipi di letteratura da loro fruiti per definire la zona da cui proviene prevalentemente il best-seller, che sarebbe quella della «letteratura istituzionale».

Il best-seller italiano

Per rilevare i best-seller della letteratura italiana del Novecento, Boşca-Mălin ricorre all’individuazione dei romanzi di successo operata da Gian Carlo Ferretti. In un libro dell’83, il critico italiano suddivide in tre fasi la storia novecentista del romanzo italiano di successo: una prima fase «preindustriale» in cui si iscrivono opere come Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani; una seconda  in cui si può già parlare di industria culturale e la quale vede come protagonisti Giovanni Arpino e Michele Prisco e, infine, la terza in cui si verifica un’espansione di tale industria e i cui nomi fondamentali sono Carlo Cassola, Piero Chiara, Mario Tobino, Alberto Moravia, Elsa Morante, Pier Paolo Tondelli e Umberto Eco.
A questi nomi, la studiosa ne aggiunge altri tanto per completare l’elenco (che va fino ai primi anni del ventunesimo secolo) degli scrittori italiani che hanno goduto di grande fama nazionale, quanto per tracciare una mappa dei sottogeneri romanzeschi più amati dal pubblico italiano. Spiccano i nomi di Maria Bellonci, Dacia Maraini, Vincenzo Consolo, Fulvio Tomizza, Claudio Magris, Margaret Mazzantini, Melania Mazzucco, Niccolò Ammaniti, Antonio Tabucchi, Giuseppe Pontiggia, Alessandro Baricco e Andrea De Carlo.
Boşca-Mălin sceglie di soffermarsi sui quattro romanzi che definisce come i best-seller reali della letteratura italiana del Novecento, in quanto le molle del successo si ritrovano interamente al loro interno. Nel caso di tutti i romanzi trattati – Il gattopardo, La storia, Il nome della rosa e Va dove ti porta il cuore – tali molle sono sottilmente rilevate in percorsi critici che nonostante il loro carattere succinto risultano quasi esaurienti per lo scopo prescelto.
Come caso di best-seller artificiale, viene analizzato il romanzo di Alessandro Piperno, Con le peggiori intenzioni, i cui principali motivi e topoi, nonostante il successo goduto nelle opere di altri autori, non riescono a costituire una trama convincente e accattivante. Malgrado l’originalità del lessico intrecciata all’abilità scrittoria di alternare registri stilistici diversi, permane la sensazione dell’artificioso data dal concatenamento complicato dei fatti e dalla costruzione di personaggi complessi a cui manca la naturalezza.
In sintesi, viene proposta un altrettanto interessante quadro degli eterogenei ingredienti che potrebbero favorire la nascita di un best-seller italiano: il localismo, la scelta della classica saga familiare come sottogenere, la centralità del personaggio femminile, un registro linguistico e un’espressività che sono gustati dal pubblico femminile. A questi si aggiungono due criteri estraletterari: le controversie suscitate dal relativo romanzo, soprattutto all’interno del mondo degli scrittori e dei critici, e la trasposizione cinematografica che può rilanciare un’opera e trasformarla in best-seller (come nel caso di Non ti muovere di Margaret Mazzantini o di Io non ho paura e Come Dio Comanda di Niccolò Ammaniti).

Le manifestazioni promozionali

 Le manifestazioni tipiche che fanno parte del processo che l’autrice chiama «la spettacolarizzazione della prosa», e cioè il premio letterario, la fiera letteraria, il festival letterario e la lettura pubblica, sono per la prima volta analizzate insieme in un ampio studio. A questo scopo Boşca-Mălin usa le più variate fonti, intrecciando gli esiti delle proprie osservazioni sul campo alle informazioni raccolte direttamente dagli enti che organizzano le relative manifestazioni, a quelle provenienti dai siti internet e dagli articoli apparsi sulla stampa italiana e a quelle estratte dai volumi di storia della letteratura.
Dopo una breve incursione nella storia, in cui il Certame Coronario è individuato per certi versi come modello dei premi attuali tanto dal punto di vista delle strategie di marketing culturale, a quei tempi ancora in nuce, quanto grazie ad alcune mentalità che vi mettono l’impronta, sono passati in rassegna i maggiori premi letterari italiani moderni. Ne vengono messi in evidenza i momenti dell’apparizione, i regolamenti, i membri della giurie, la visibilità di cui godono e implicitamente l’impatto culturale, le liste dei laureati fino al 2009, e, a seconda del caso, i sottopremi istituiti temporaneamente.
Spiccano aspetti interessanti e addirittura paradossali: ad esempio, il premio Strega che rimane un vero barometro del valore letterario in Italia, nonostante la vastità della sua eterogenea giuria (composta di 400 membri fra cui si annoverano personalità diverse del mondo culturale e della ribalta politica, studenti liceali e universitari) e malgrado il soggettivismo, le pressioni e le polemiche che vi nascono nell’imminenza della sua assegnazione.
Per quanto riguarda le fiere letterarie italiane, Boşca-Mălin si sofferma su quelle che sono entrate nel circuito internazionale – il Salone del Libro di Torino e la Fiera del Libro per ragazzi di Bologna – e su un terzo che si svolge a Roma («Più libri più liberi. Fiera nazionale della piccola e media editoria»), le cui peculiarità consistono appunto nel coinvolgimento di quelle case editrici piccole e medie che sopravvivono sul mercato grazie alla loro offerta alternativa rispetto alla grande editoria. Per capire il rilievo della più grande fiera italiana del libro, l’autrice la confronta con la più importante manifestazione europea del genere che è Frankfurter Buchmesse e, per chiarire dove si piazza il Belpaese sul mercato librario europeo, fa dei paragoni, ricorrendo alle statistiche relative a quattro Paesi (la Germania, la Spagna, la Francia e l’Italia) che rispecchiano il rapporto fra il numero della popolazione e il numero di libri venduti, il tasso di analfabetismo, la percentuale di crescita delle vendite da un anno all’altro, il fatturato e il numero dei nuovi titoli messi in vendita negli anni su cui si concentra l’analisi (prevalentemente 2005-2008). Ne viene fuori un quadro in cui l’Italia si trova dietro i paesi sopracitati nonostante il fatto che 7 dei 50 più grandi gruppi editoriali a livello mondiale siano italiani.
La cultura del libro in Italia è sostenuta anche dalle complesse manifestazioni del «Festivaletteratura di Mantova» e del «Festival delle letterature di Roma» (le cui prime edizioni si sono chiamate «Letteraturaincampo»), nonché da alcune istituzioni la cui attività è interamente indirizzata alla diffusione della letteratura, della lingua e della civiltà italiana. Di queste, sono presentate la Casa delle Letterature e la Società «Dante Aligheri», ambedue con sede a Roma e con progetti di carattere internazionale.

Le conclusioni dell’autrice puntano sull’importanza dell’esistenza delle manifestazioni che agevolano e incentivano l’accesso del pubblico alle opere letterarie. Grazie ad esse si genera il terreno per scontri e incontri fra gli scrittori, fra gli editori, fra le opinioni dei critici e quelle dei lettori. Inoltre, si creano ponti tra gli scrittori e gli editori e varie personalità di diverse aree culturali o fra il mondo editoriale e dei letterati e quello degli imprenditori (ad esempio, è il caso del premio Campiello promosso dalla Federazione Regionale degli Industriali del Veneto).
Soprattutto il premio come istituzione ha un ruolo cospicuo nel creare e nel mantenere la tradizione culturale: oltre a scandire la vita letteraria italiana, alcuni premi, ad esempio, rappresentano un omaggio a certe personalità culturali oppure altri hanno consacrato alcuni spazi come posti storici per gli incontri delle personalità del mondo letterario – il ristorante Bagutta a Milano, Bar Strega, Caffè Canova a Roma ed altri. Inoltre, i premi impongono un ordine nella massa della produzione letteraria tramite le gerarchizzazioni che operano. Il quadro complessivo dei premi italiani rispecchia un salutare pluricentrismo culturale e per ultimo, ma non meno importante, i premi come manifestazioni spettacolari rendono visibili i libri e i loro autori nei mass-media e attirano l’attenzione dei critici e dei traduttori stranieri sui titoli italiani.
Le fiere e soprattutto i festival letterari promuovono i libri tramite tecniche di seduzione del pubblico specifiche dell’attuale marketing, coinvolgendo emotivamente i lettori. Sono ricordati in questo senso il contatto diretto dei lettori con gli autori dei libri (trasformati in protagonisti di un vero e proprio star system), la lettura pubblica e la presentazione della letteratura in fusione sincretica con l’arte teatrale, l’arte cinematografica e quella fotografica, con la musica oppure con la multimedialità.

Il tanto dibattuto argomento delle minacce che incombono sulla lettura dei libri nella nostra era digitale è sfiorato anche da Oana Boşca che mette l’accento sulla conseguente ricerca «nevrotica» di mezzi per la promozione delle opere letterarie di cui il carattere crossmediale delle fiere e dei festival ne è il perentorio effetto.
Con l'intento di segnalare una distribuzione delle manifestazioni di promozione della letteratura nei maggiori centri italiani interessati, l'autrice giunge alla conclusione che la differenza esistente fra Milano e Torino, dove si trovano le più importanti case editrici e la principale fiera del libro, e Roma come centro delle manifestazioni più spettacolari (festival, il premio Strega, mostre ed altro) rappresenterebbe un risvolto della stessa dicotomia, che investe l'economia, la cultura e la vita sociale del Belpaese, fra la zona del nord caratterizzata dalla produzione industriale, dal pragmatismo ecc., e la zona del centro-sud dove l'accento cade sulla bella vita, su una maniera aristocratica di godere e di apprezzare ciò che il Nord produce.

I più fortunati filoni della prosa italiana contemporanea

 Le tendenze della prosa italiana contemporanea verso le quali il pubblico manifesta maggiormente la sua propensione sono messe in luce senza alcuna pretesa esaustiva, bensì attraverso presentazioni generiche di alcuni fenomeni e attraverso analisi puntuali di romanzi scelti come campioni rappresentativi per certi generi.
Nel panorama italiano degli anni Ottanta e Novanta si stagliano alcuni movimenti letterari trasgressivi e contestatari che coagulano in genere giovani scrittori esordienti: si tratta del progetto Under 25 di Pier Vittorio Tondelli, della letteratura dei «cannibali» e di quella degli «intemperanti». Secondo l’autrice, soltanto «I cannibali» giungono a dare vita a una vera e propria corrente letteraria, di cui il maggiore rappresentante è Niccolò Ammaniti. Il movimento iniziato da Tondelli, invece, risulta piuttosto marginale, rimanendo circoscritto nei limiti di un circolo letterario la cui produzione si concretizza in tre volumi antologici di storie di valore perlopiù mediocre, mentre il movimento degli «intemperanti» porta l’impronta di un movimento artificialmente creato, di una strategia di marketing, quindi di un «artefatto editoriale» costruito, probabilmente, proprio sul modello dell’Under 25 e della Gioventù cannibale.
Un altro filone fertile della recente produzione letteraria italiana è rappresentato dai romanzi (auto)biografici, il cui successo è spiegato dall’autrice attraverso l’interesse secolare e quasi costante del pubblico italiano verso la prosa di stampo realistico. Come campione rappresentativo del genere è scelto il romanzo Vita di Melania Mazzucco che da una parte presenta una serie di stereotipi specifici della letteratura di massa e, in particolare, del best-seller, e dall’altra parte, nella sua ultima parte tradisce in modo programmatico le aspettative del lettore. Ciò nonostante, il romanzo ottiene un grande successo, il che, conseguentemente vuol dire, un’implicita modifica dell’orizzonte d’attesa del pubblico di massa il quale ha inteso ed ha accettato la frattura delle convenzioni narrative presenti nell’opera.
Prediligendo l’etichetta di romanzo (neo)storico – sotto l’espressa  riserva che il prefisso «neo» trova scarse giustificazioni date le poche innovazioni apportate al genere dalle opere di data recente – la studiosa affronta i romanzi Rinascimento privato di Maria Bellonci e La chimera di Sebastiano Vassalli, per illustrare il vigoroso filone novecentista del romanzo storico femminile e  un tipo di romanzo inchiesta che si rifà per molti versi a Manzoni.
Il quarto filone proposto, e cioè quello della letteratura postindustriale, è per la prima volta individuato e trattato come tale all’interno dell’esegesi del romanzo italiano contemporaneo. Boşca-Mălin riprende le caratteristiche dell’epoca postindustriale così come vengono descritte dai sociologi Daniel Bell e Alain Touraine e identifica nella letteratura italiana degli ultimi due decenni delle opere in cui esse si riscontrano: L’età dell’oro e Per sempre di Edoardo Nesi, Come Dio comanda di Niccolò Ammaniti, Allegro Occidentale di Francesco Piccolo e Gomorra di Roberto Saviano. La scelta di analizzare dettagliatamente L’età dell’oro si deve, probabilmente, al grande numero delle tematiche postindustriali che la studiosa vi ravvisa.

Senza essere radicalmente femministi, i romanzi psicologici firmati dalle autrici italiane affrontano il problema dell’identità di genere in una cospicua varietà di formule. Ne vengono sottoposte ad un esame critico le seguenti: quella che consiste in un’incursione femminile nella psicologia maschile, presente nel romanzo Non ti muovere di Margaret Mazzantini, quella intimistica dedicata ad un pubblico femminile, che ritroviamo nel Mal di pietre di Milena Agus, e alcune formule più innovative o persino trasgressive, specifiche delle opere di Valeria Parella o del tanto discusso I 400 colpi di spazzola prima di andare a dormire di Melissa Panarello.
Nella retroguardia del postmodernismo, continuano a manifestarsi alcuni autori che optano sia per una letteratura combinatoria che si avvale di ricette (come quella di Alessandro Baricco o del gruppo Wu-Ming), sia per la narrazione minimalista (come quella di Erri de Luca, Enrico Cavazzoni e, occasionalmente anche Baricco).

A leggere soltanto le prime parti dello studio di Boşca-Mălin permane la sensazione di uno studio mosaicato, in cui ogni questione trattata, interessante in sé, sia come un tassello che non arriva a combaciare con gli altri tanto da formare una coerente immagine d’insieme. L’intera impalcatura teorica delle prime parti e l’analisi delle dinamiche del mercato librario italiano, basata su esempi concreti, sono destinate però a preparare e a sostenere le analisi ermeneutiche dell’ultima parte, i cui metodi prediletti sono quelli della critica di ricezione. La costante attenzione al rapporto fra l’autore e il suo pubblico nel caso di ogni opera presa in discussione porta alla conclusione che nella nostra contemporaneità – data anche la lezione dei postmoderni, ma non solo – esiste una maggiore consapevolezza da parte dell’autore circa l’importanza del pubblico e del rapporto biunivoco che stabilisce con lui. In un’apologia della spettacolarizzazione con cui si chiude lo studio, senza essere tralasciati i rischi, sono evidenziati i vari benefici di tale rapporto potenziato dai meccanismi sempre più complessi di promozione della letteratura.




Miruna Bulumete
(n. 9, settembre 2013, anno III)