Adriana Bittel, «Appuntamento a Parigi»: un libro al femminile

Un’altra scrittrice romena si affaccia sul panorama editoriale italiano. Si tratta di Adriana Bittel con il libro Appuntamento a Parigi, recentemente pubblicato dalla casa editrice Aracne, nella traduzione di Raffaella Tuan. Nata a Bucarest il 31 maggio 1946, da padre funzionario e madre avvocato, Adriana Bittel è cresciuta fra libri e letteratura, rivelando il suo talento artistico fin da piccola. Dopo la laurea in Lingua e letteratura Romena nel 1970, inizia la sua carriera come correttrice nella redazione di «România Literarǎ», dove dal 1990 diventa redattrice, occupandosi di letteratura straniera.
Scrittrice discreta nella vita privata, pubblica cinque volumi di prosa tra il 1980 e il 2001: Lucruri într-un pod albastru, Somnul după naştere, Iulia în iulie, Fototeca e Cum încărunţeşte o blondă.

Appuntamento a Parigi contiene 11 racconti e ognuno svela un personaggio femminile. L’autrice racconta storie, amori non corrisposti con una spiccata capacità di esplorare l’animo umano e analizzare le donne e le loro reazioni nel quotidiano, nelle banalità della vita reale. Con una immediata e visibile modestia, Adriana Bittel racconta le donne che cucinano, che lavano, che piangono, che fanno compere, che amano.

La scrittrice sceglie quindi di rendere le donne il soggetto principale di ciascun racconto, le quali vivono sospese tra il mondo reale in cui si sentono a disagio o a volte fuori posto, e il mondo di fantasia, sognatore o letterario che conoscono meglio della vita reale. Spesso sono donne imbranate, goffe (gli uomini altrettanto, a volte anche brutti), vivono sempre nel timore, soggiogate o mancanti di quella forza di ribellione, spesso rassegnate nell’accettare la propria posizione sociale.

Apparso nel 2001, il libro ci propone in ogni racconto un possibile alter ego della stessa scrittrice. Il lettore la può così riconoscere in Ana Munteanu, protagonista di Una lunga scia di felicità, correttrice e zia goffa e derisa, spesso vittima dei colleghi e dei familiari, che si addormenta triste e con il suo sedativo. Oppure, nella bimba di La tibia e il perone che accompagna la madre alle serate letterarie per ascoltare la lettura dei grandi classici, o ancora nella protagonista sdoppiata de Il ruscello e il Giordano che programma il viaggio in Israele fra i ricordi della giovinezza, o anche nel personaggio attrice-narratrice che rincorre e aspetta l’amore, dimenandosi nella propria miopia.

Si è scritto che la prosa di Adriana Bittel ricorda per l’amarezza, la tristezza e la fantasia, i film di Fellini, ogni personaggio è ricco di sfumature che il lettore coglie immediatamente attraverso – e questo è sicuramente talento – una prosa asciutta, che non elogia sé stessa, non è affatto auto celebrativa; ad un lettore attento essa potrebbe risultare addirittura enigmatica, sicuramente introspettiva, ma pur sempre capace di regalare il piacere della lettura e di scoprire i caratteri umani.

Adriana Bittel ci propone una carrellata di donne in cui possiamo specchiarci e rivedere le nostre paure, i nostri dubbi e le nostre grandi virtù. A partire dalla protagonista del racconto che dà il titolo al volume, Appuntamento a Parigi, Lidia-Bianca, che ritrova sé stessa per le strade di Parigi. Ma spesso le protagoniste non hanno un nome, sono donne che vivono un’esistenza tragicomica, spesso tra le mura di casa o del lavoro, dove la maestria di Adriana Bittel è stata saper fondere elementi reali e atmosfere fantastiche, dove i dettagli sono fondamentali, le espressioni e i gesti non verbali ci fanno intuire e immedesimarci nei personaggi.
La scrittrice usa l’ironia e l’autoironia, alterna la prima e la terza persona, oscillando tra il presente e l’imperfetto. La sua forza sta nell’averci trasmesso, con la sua prosa e il suo talento letterario, storie di personaggi insignificanti, a cui non succede nulla di straordinario, la cui esistenza ordinaria e banale potrebbe essere la nostra.
È una prosa breve, incisiva, alcuni racconti come Push o Alcuni fuggono nella foresta sono scritti in poche righe, ricche di ritmo, sentimento, senza punteggiatura che creerebbe un ostacolo ai pensieri, che possono così fluire veloci come i salti nel tempo e nella memoria di ciascun personaggio. In Macchia d’olio e ne Il Dottor Blum le protagoniste sono donne anziane e le loro  relazioni con i figli, in Cechov, ho chiesto stanca e ne Il ruscello e il Giordano le protagoniste vivono una dualità con le loro ambizioni e i loro ricordi.
Questi racconti ci propongono anche un viaggio immaginario, quello che ognuno di noi compie nella memoria: come fotografie istantanee Adriana Bittel cattura flashback dal passato e ripercorre atmosfere e umori, attraverso dettagli quotidiani come oggetti o foto, sempre impregnando la scrittura di umorismo e in alcuni casi, come nel racconto che dà il titolo al volume, con satira sociale. Frida o Bianca sono i personaggi femminili che maggiormente personificano questi viaggi della memoria, alternando spazi e tempi diversi, in un prima e dopo veloce e inaspettato.
Le tracce autobiografiche si possono inoltre facilmente riconoscere nei dettagli che fanno da contorno ai personaggi, come i libri sempre presenti che contornano alcune protagoniste – la letteratura è sempre stata parte fondamentale della vita della scrittrice – oppure la miopia, pretesto usato per focalizzare o allontanarsi dall’esistenza reale, oppure il viaggio in Israele.
Nel racconto di La Tibia e il perone, la protagonista è la scrittrice stessa, da piccola e dopo una frattura è costretta ad una convalescenza immobile sulla poltrona di casa. Così trascorre il tempo cercando di scrivere, fino all’idea illuminante di un racconto di fantasia che mostra il suo tormento fisico e psicologico, ma soprattutto rivela la sua abilità e, quando la bambina aspetta il commento del padre, a cui timorosa e speranzosa ha fatto leggere il racconto, questi la copre di ammirazione e orgoglio, dicendo: «nessuno in famiglia ha visto il proprio nome pubblicato. Se diventi scrittrice, mi piacerebbe che tu firmassi con il nome di adesso. Me lo prometti?». Senza dubbio, il padre ha avuto ragione.



Raffaella Tuan
(n. 10, ottobre 2014, anno IV)